Milano 5 Settembre – In riferimento al decreto “Buona Scuola”, Renzi illustra: “Non una riforma, non un adempimento burocratico, non un libro dei sogni. Un patto, semplice e concreto. L’Italia cambierà solo se noi metteremo al centro la scuola. Noi possiamo mettere al centro la scuola solo se lo facciamo assieme agli studenti, ai professori, ai dirigenti scolastici, alle famiglie, al personale tecnico. Il Parlamento può cambiare una legge. La scuola può cambiare un Paese. Noi siamo pronti a fare la nostra parte, cambiando tutte le leggi che vanno cambiate. Ma vi proponiamo di aiutarci a cambiare il Paese.”
Naturalmente “passo dopo passo” che è uno slogan già sentito e ripetuto. Di chi la priorità? Della Despar o del Presidente Renzi?
Nei 12 punti del testo “passo dopo passo”, ha ragione il Presidente del Consiglio, quando afferma che il suo “adempimento burocratico”, non è un libro dei sogni. Effettivamente, si avvicina di più ad un libro di avventura del Collodi, che ad un “vademecum” di riforma scolastica. Al punto 1 del testo, è previsto “un piano straordinario” per l’assunzione di 150 mila docenti entro il 2015? Ed in quale misterioso “cavò” Renzi, potrà mai trovare la copertura finanziaria per pagare gli stipendi dei suddetti dipendenti? Forse nel prelievo forzoso dai conti correnti, previsto per i prossimi mesi e già annunciato da Ferruccio De Bortoli? Al punto 2 si legge: “Dal 2016 si entra solo per concorso” (art. 97 Cost.), ma fino a quella data come “si potrà entrare” a far parte della mamma scuola? Probabilmente come sempre, attraverso concorsi sartoriali confezionati su misura per amici e parenti più o meno prossimi? Altrettanto interessante è il punto 5 dove è previsto l’aggiornamento scolastico con formazione e innovazione per meglio valorizzare tutti quelli che, attraverso l’insegnamento, hanno fatto grande la scuola: forse si riferisce a “Cencelli” e “Guicciardini”? Ma il dulcis in fundo, è l’ultimo punto, il 12: “La scuola per tutti, tutti per la scuola”, ricorda tanto D’Artagnan un uomo diversamente ricco, arrivato in Francia dopo diverse disavventure tra le quali uno scontro con uno sfregiato, che lo prendeva in giro per il suo pony giallo. Il motto che D’Artagnan e tre amici ripetevano all’unisono incrociando le spade ‒ “E adesso, signori, tutti per uno, uno per tutti”. Possibilmente senza errori di ortografia, perché – come ha rilevato il Corriere – chi ha stilato il testo del decreto conosce poco la divisione sillabica.
Silvana Segalla
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