Milano 18 Settembre – Uno dei motivi per i quali l’Italia è bloccata da anni è la contrapposizione feroce tra corporazioni che continuano a difendere interessi particolari che cozzano con l’interesse generale. Una di queste è certamente costituita dai sindacati.
Ieri il Premier Renzi nel suo discorso programmatico alle Camere per annunciare le iniziative del Governo nei prossimi 1.000 giorni (le stesse che aveva promesso di fare nei primi 100 giorni, che però sono passati senza che il Governo da lui presieduto abbia portato a casa nessuna riforma significativa), ha riproposto l’idea del contratto a tutele crescenti: un giusto compromesso tra l’esigenza di un’azienda di provare l’efficacia di un lavoratore ed il diritto di quest’ultimo ad avere una sicurezza economica sulla quale basare il proprio futuro. Questo tipo di contratto a tempo indeterminato apre di fatto la porta al superamento dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, che obbliga le imprese al reintegro in assenza di giusta causa: per i primi tre anni di rapporto lavorativo l’articolo 18 non si applica, successivamente si introducono a crescere le garanzie per i lavoratori. Sarà abolito però l’obbligo di reintegro, al massimo il lavoratore potrà ottenere un risarcimento in denaro.
Inutile dire che i sindacati sono insorti e minacciano uno sciopero generale. Atteggiamento assolutamente sbagliato anche a dire del Capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta: “Il lavoro deve essere tutelato, il lavoratore deve essere garantito, perché la parte dei lavoratori è normalmente debole ed il datore di lavoro, l’imprenditore, è più forte, e quindi ci devono essere delle regole. Nel nostro Paese però c’è stato un eccesso di regole che piuttosto che tutelare i lavoratori hanno prodotto disoccupazione. Siamo arrivati all’assurdo che, se uno è un datore di lavoro ed ha un lavoratore che non va bene, il divorzio è difficilissimo. Quale è il risultato di tutto questo? Che si tutela meglio il lavoro? No, che o non si assume o non si crea un impresa. Il risultato è che in Italia noi, cosa che non succede in nessun Paese del mondo, abbiamo una disoccupazione da cattive regole. A parità di altre condizioni, se noi avessimo delle buone regole avremmo 1 o 2 miliioni di occupati in più. Togliamo l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e il mercato del lavoro italiano funzionerà come quello tedesco o statunitense. Invece di obbligare le aziende al reintegro in mancanza di giusta causa si dia un indennizzo al lavoratore.”
Laureato in Economia e management aziendale presso l’Università del Salento nel luglio 2011, laureato in Comunicazione d’impresa, i media e le organizzazioni complesse presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore nel settembre 2013, redattore Milano Post dall’ottobre 2013.