Milano 22 Settembre – Ma come si fa a vivere senza facebook e twitter, in un tempo di comunicazione virtuale, dove è possibile dire tutto e il contrario di tutto, dove la dimensione del dialogo è a volte la sintesi di un pensiero che brucia nella pancia, dove l’immediatezza è la principale virtù della scrittura, dove l’illusione di far parte di un mondo senza confini esalta il quotidiano?
Si fa. Con fatica, spesso sentendosi esclusa, spesso “invidiando” chi ha tanti amici virtuali, spesso constatando di essere tagliata fuori dalle interessanti discussioni nate in rete, spesso vivendo una forma di emarginazione. Ma si fa.
Ad esempio mi fa una gran rabbia non poter seguire i tweet di Renzi, perché la vera dimensione della sua politica è là, nei pensieri espressi a caldo, nel desiderio di un filo diretto col popolo, in quella volontà di stare con la gente e per la gente. Fassina definisce la sua voglia di twittare “Pura retorica”? Mi permetto di dissentire. Renzi ha la retorica nel DNA e c’è più retorica nelle slide e nei discorsi programmatici che dilatano le azioni praticamente sine die di quanto gli inutili tweet contengano. E’ che – e non solo per Renzi – ormai il tweet è diventata la misura del consenso, il riscontro immediato in positivo o in negativo di un discorso, di un’affermazione. I tweet di rimando diventano conferma, suggerimento di modificare, valutazione negativa. E’ questo il dialogo che i politici hanno inteso instaurare con la cosiddetta “base”? Ma c’è anche in questa voglia, quasi una mania, di comunicare con i tweet una componente compulsiva e narcisistica che potrebbe anche nascondere un’intima insicurezza, un desiderio continuo di conferme. Non so se è il caso di Renzi per cui il tweet è diventato una necessità e un’affermazione della sua presenza, ma l’equilibrio, la misura sono, comunque, virtù dell’intelligenza.
E, per fortuna, i politici ancora non imitano (per quanto ne so io) i protagonisti televisivi che “postano” su facebook la loro vita amorosa a puntate, dove le foto, più o meno di buon gusto, descrivono amori che nascono o muoiono, segmenti di vita con foto più o meno sexy, dialogando con i fan sui propri sentimenti, le proprie frustrazioni, le gioie del momento. Ma davvero è necessario squadernare la propria anima per tenere viva la popolarità conquistata?
Lo so: io non ho né facebook né twitter e sono nel limbo in cui parlare con qualcuno vuol dire guardarlo negli occhi e vedere la reazione, ma capisco che possono essere strumenti utilissimi e di apertura ad un mondo nuovo, ricco di sorprese e di prospettive interessanti. Ma è importante ed essenziale avere qualcosa da dire. Un qualcosa che sia motivo di scambio di opinioni, di conoscenza, di riflessione. Perché, mi sembra, si stia esagerando.
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano
Preferisco parlare con la gente live…gli occhi sono lo specchio dell’anima…i social non hanno anima…ma tanti ANIMAL che si emozionano a vedere like o farsi i fattacci degli altri…la CAPACITÀ di dialogo va scomparendo! Una volta i valori erano NOSTRANI e sintomo di vita emozionale,ora le emozioni dipendono dai like!!?
Uso whatts solo x comodità! Apriamo gli occhi