Milano 24 Settembre – Paolo Romani, capogruppo al Senato di Forza Italia, in un’intervista rilasciata a “Il Tempo”, traccia le linee guida del partitoin un momento delicato per il Paese
Senatore Paolo Romani, Berlusconi ha indicato la strada per un rinnovamento di Forza Italia.
«Berlusconi doveva risolvere il problema che era nato nella concorrenza che poteva essersi creata tra le strutture di partito locali e i dodicimila e passa Club. Molti di loro, probabilmente, si erano costituiti solo sulla carta, ma la presenza in molte città delle une e degli altri aveva creato della contrapposizioni. La soluzione sta nella disposizione di piantare una bandiera di Forza Italia in ognuno degli 8.057 comuni italiani, per consentire in quella sede la presenza di cinque, dieci o venti persone iscritte che consentano di fare un congresso e di selezionare così la classe dirigente».
E il ricambio generazionale?
«A questo punto si innesta il problema, non tanto del ricambio, che non è un termine che Berlusconi ha usato, bensì di aprire le porte del partito a chi è giovane, addirittura alla generazione berlusconiana, facendo in modo che coloro che piantano la bandiera in ogni comune mettano in atto anche quelle attività di socializzazione, di contatto con le persone, con chi ha bisogno, con gli anziani, che è tipica di chi fa politica nel senso moderno del termine. Non si fa politica per fare tessere, per essere poi eletti in qualche incarico, ma politica per venire incontro alla società reale, ai bisogni delle persone».
Politica intesa perciò come servizio?
«Come servizio e come indicazione, qualora qualcuno volesse farsi eleggere, dei problemi e della soluzione degli stessi»
Con il governo Renzi FI deve contemporaneamente essere responsabile e rispettare la sua identità.
«Dobbiamo intenderci su che cosa vuol dire fare opposizione in una democrazia. “Responsabile” vuol dire che si ha la responsabilità nei confronti del Paese di fare le proposte che servono al Paese. Con questa maggioranza e con Renzi c’è l’accordo di fare un percorso di riforme. L’abbiamo fatto sia sulla legge elettorale che sulle riforme istituzionali e se non ci fossimo stati noi né l’una e né l’altra sarebbero passate. Siamo stati determinanti, ma l’esserlo stati ha significato modificare fortemente la proposta iniziale della maggioranza. Tanto è vero che la riforma del Senato, così come è uscita, è totalmente diversa rispetto alla proposta iniziale. Quindi vuol dire che la nostra “opposizione responsabile” ha consentito al Paese e a noi, come partito, di arrivare ad un provvedimento di riforma più nell’interesse del Paese».
E l’economia?
«Ai provvedimenti di carattere economico, e ci mettiamo dentro anche il Jobs Act, la Camusso e Landini hanno dichiarato guerra. Il coraggio e la determinazione che mette Renzi nel cambiamento del mercato del lavoro, che è una delle richieste più insistenti dell’Europa, ci obbligano ad esaminare con attenzione la proposta del governo e a constatare che, una volta tanto, dal Pd arriva un progetto molto simile a quello che abbiamo avanzato noi nel passato e che non abbiamo portato a termine per l’opposizione di sindacati e Pd. Oggi l’opposizione sta ancora nel sindacato e addirittura è interna al Pd. Saremmo molto superficiali, addirittura strabici, se non portassimo a casa, come abbiamo fatto per le riforme istituzionali, una riforma del lavoro che si allinea con quello che abbiamo sempre detto e che è nell’interesse del Paese».
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