Giovanni Toti parla del futuro di Forza Italia, di Berlusconi, di  Renzi, di Salvini

Attualità

Milano 30 Settembre – Proponiamo l’intervista che Giovanni Toti ha rilasciato a Giancarlo Perna e  pubblicata su Liberoquotidiano.

Da qualche parte, ai piani alti, ci sono il Cavaliere Berlusconi e la sua fidanzata, Francesca Pascale. Qui, al mezzanino di Palazzo Grazioli, c’è invece la tesoriera di Fi, Maria Grazia Rossi, la vestale che segue il Cav come un’ombra protettrice. Nell’appartamento a fianco, dove sto aspettando di intervistarlo, c’è Giovanni Toti, l’ultimo pupillo di Berlusconi e suo consigliere personale. A un certo punto, si affaccia pure Deborah Bergamini, la portavoce di Fi. È il piano del «cerchio magico» che, nella vulgata degli invidiosi, ha il monopolio del Cav e se lo impapocchia a piacere.
Dall’esterno filtra poca luce e molto chiasso.È l’infernale traffico romano, due passi da Piazza Venezia. La tristissima anticamera dove siedo è in realtà un corridoio diviso da un tramezzo. Dietro ci sono le stanze del pupillo. Quando sono introdotto, incrocio il direttore di un quotidiano che ha appena finito di parlare con Toti. Attraversando la stanza di Roberta, la responsabile dell’agenda, intravedo nel suo ufficio Toti, seduto allo scrittoio, paffuto e sorridente come un Budda. Sorridere quando entro, ci diamo la mano, mi siedo e apro il blocchetto degli appunti. Mi convinco che non sorride a me. Sorride e basta.
Il quarantaseienne Toti, giornalista, è esattamente come in tv. Mai incontrato di persona prima, ma è come se lo conoscessi da mesi, da quando, cioè, è apparso all’improvviso sulla scena e ci entra continuamente in casa. Non è tipo che riserva sorprese. Com’è sul teleschermo è in carne e ossa. Come parla pacioso al microfono, dice le cose adesso. Dopo gli studi, si è fatto venti anni a Mediaset, dirigendo tg berlusconiani. Un anno fa il Cav se n’è innamorato, lo ha messo a dieta portandolo con sé in beauty farm in Italia e all’Estero, e lo ha imposto a Fi che all’inizio non ne voleva sapere. Ora lo tollerano perché è uno che sa stare al suo posto. «Mai diviso il partito in amici e nemici precostituiti. Cerco di cogliere sempre gli aspetti costruttivi, invece di quelli distruttivi», spiega, cercando di descriversi. Come vedete da questa prima frase, idee semplici e chiare, e nessuna remora a parlare bene di sé, se è il caso. «Giornalisticamente sono un’eccezione – dice poco dopo senza iattanza, ma perché è un dato-: ho diretto contemporaneamente due telegiornali».
Infatti, mentre già guidava Studio Aperto, ha anche condotto dal 2012 il Tg4, sostituendo Emilio Fede, travolto dalle sue bischerate. Il primo atto del neodirettore fu sostituire le scollacciate «meteorine», simbolo dei pruriti fediani. E subito si capì che Toti era la faccia puritana del berlusconismo, utile al Cav dopo Ruby e dintorni. Per restare in tema, gli chiedo: «Che ci trova in te Berlusconi?». «Apprezza la mia pacatezza, la moderazione nei giudizi, certamente l’onestà intellettuale», dice accendendo la prima delle quattro sigarette che fumerà in un’ora. Tra l’una e l’altra, dovendo comunque tormentare le mani, unico segno di tensioni represse, giocherella furiosamente con la fede (è sposato da undici anni con la collega Mediaset, Siria Magri) infilandola in ogni possibile dito.

Per il Cav hai mollato il giornalismo. E se tu cadessi in disgrazia?
«Torno a fare il giornalista. A Mediaset ho molti amici e qualcuno mi stima. Se no, ci sono altre aziende».
Stressante dipendere in tutto e per tutto da un’unica persona, come te dal Cav?
«Vero che sono in politica grazie al presidente Berlusconi ma gli ho chiesto di candidarmi alle europee per mettermi alla prova. Ora sono legittimato dal voto di 150 mila elettori del nord-ovest. In una elezione non esaltante per Fi, ho avuto lo stesso risultato che il Pdl, allora allo zenit, ebbe nella precedente».
Per la tua nomina a «consigliere» del Cav, c’è voluto il placet della sua fidanzata. Avallo imbarazzante?
«Francesca è un’amica. Che mi stimi mi fa solo piacere. Non ritengo però che il presidente Berlusconi chieda l’avallo di chicchessia, neppure della fidanzata».
Non pretenderai che io scriva ogni volta «presidente Berlusconi». Decidi, o presidente o Berlusconi. Vi date del tu?
«Io del lei, lui del tu».
I favoriti passano. Unica stella fissa è Denis Verdini. È il più affine al Cav?
«Nessuna affinità particolare. Il Presidente coglie di ciascuno il meglio e gli affida l’incarico più appropriato. Così il nome di Verdini è legato a momenti importanti del partito».
Come il Patto del Nazareno nel quale De Bortoli, direttore Corsera, sente «odore di massoneria».
«Penso si riferisse a Renzi».
Per me, a Verdini. Renzi è troppo cattolico.
«Perché allora, come cattolico, Renzi ha rapporti con Verdini?».
Dici che sono massoni entrambi?
«Non so. Dico solo che, in un articolo per molti versi condivisibile nelle critiche a Renzi, l’allusione generica alla massoneria è una caduta di stile.
Di te, Verdini, ha detto che sei «un babbeo». Come lo ripaghi?
«Se di me ha detto solo babbeo, si è rammolito. È capace di molto peggio».
Tu come ti definiresti?
«Equilibrato, paziente, lungimirante perché spesso ci azzecco nella lettura delle cose. Sono una buona risorsa per tenere lo spogliatoio».
L’economia è allo sbando, l’emigrazione incontrollata.
«La situazione è più grave di quel che appare e Renzi sottovaluta troppo. Manca un modello di sviluppo per tutto il Continente».
Il peggio deve venire?
«Senza invertire la tendenza non avremo anni facili. Il rigore tedesco non funziona. L’asse con la Francia non è partito. E noi siamo in coda. Gli annunci di Renzi stanno a zero».
Mare Nostrum?
«Dovremmo andare in Libia a bloccare gli imbarchi, anziché per mare a raccogliere interi bastimenti di clandestini. Se l’Ue non è in grado, facciamo da soli con qualche alleato disponibile».
Andare in Libia?
«Qualcuno deve colmare il vuoto. Oggi, lì non c’è un governo».
E chi osa?
«A forza di non osare, si muore. L’unico che dice osare è Renzi, poi non fa mai niente».
Però collaborate con lui.
«Siamo all’opposizione».
Nessuno se ne accorge.
«Ma lo siamo, salvo che per fissare le nuove regole. Quello si fanno insieme. Dopo ciascuno gioca la partita per sé».
Molti hanno voltato le spalle al Cav. Guardano al leghista Matteo Salvini, netto su euro e clandestini.
«Non mi pare. Fi è il primo partito del centrodestra e vale più della somma di tutti gli altri insieme. Salvini, che considero buon leader, parla al suo elettorato che non è il nostro. Ma deve stare attento a non isolarsi per guadagnare uno zero virgola, finendo nell’irrilevanza».
Intravedi uno che ci tiri dalle secche?
«Non credo all’uomo della Provvidenza, anche perché oggi neppure lui potrebbe fare qualcosa. Penso a uno sforzo collettivo per salvare il Paese, il che giustifica la nostra opposizione responsabile».
Uscire dall’euro?
«Non è possibile uscire dall’euro».
Renzi?
«È parso l’uomo della Provvidenza e ha incancellabili meriti storici nel rinnovo del Pd. Ma oggi è rimasto l’uomo. La Provvidenza è scomparsa».
Da giornalista, il primo quotidiano che leggi?
«Ne leggo cinque, tutti fondamentali: Corriere, Repubblica, Giornale, Libero, Fatto quotidiano. Se ho tempo, scorro Stampa e Messaggero».
Il tuo giornalista preferito nella cerchia del centrodestra?
«Per certi aspetti, Giuliano Ferrara. Vittorio Feltri è stato il maestro di tutti noi. Paolo Liguori, che mi ha assunto a Mediaset, è stato il mio».
Il Cav si scaglia di continuo contro il presidente Napolitano. Tu consigliere sei d’accordo?
«Non ho mai visto Berlusconi attaccare Napolitano».
I giornali ne riportano gli sfoghi: comunista, ipocrita, ecc.
«Io che lo vedo spessissimo, mai sentito attacchi alla persona. Solo critiche politiche ad alcune decisioni».
I tuoi genitori, albergatori versiliesi…
«Ex, hanno venduto. Ora sono in pensione».
… sono orgogliosi della recente celebrità del loro rampollo?
«Erano orgogliosi di me anche prima che diventassi celebre».
Malgrado ti manchi la laurea in Scienze Politiche per un solo esame. Quando lo dai?
«Lo promisi a Liguori all’assunzione e a Fedele Confalonieri quando mi fece direttore. Ma non trovo il tempo. Non dispero di trovarlo, anche senza finire ai giardinetti come insinui tu».

Milano Post

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