Villaggio Trecca (Zona 4): Rom e vecchia mala

Vecchia Milano

Milano 16 Novembre – Adesso è una muraglia bianca, scrostata, che picchia verso il cielo, a ridosso della ferrovia, con i cortili a buche alterne, carcasse di motorini e vecchie tv. Per non parlare degli allacciamenti abusivi fai-da-te, citofoni sfondati e ingressi sempre aperti. Palazzoni a nove piani che formano un’acca, dal civico 28 al 66, di via Salomone, nel quartiere Forlanini chiamato ancora la Trecca. Milleduecento persone per 536 famiglie. Il 60% italiani e il resto stranieri di tutte le etnie, meno i cinesi. Centocinquanta persone con precedenti di polizia, 5 agli arresti domiciliari, 2 sorvegliati speciali e persino il «nonno», classe 1940, con il braccialetto elettronico.

Numeri importanti ai quali si sommano i 50 alloggi occupati abusivamente, con dentro circa 150 persone, di cui una ventina di rom di etnia sinti, venuti qui direttamente dal campo nomadi di via Bonfadini. «Se si dovessero effettuare due sgomberi al giorno – sottolinea ridendo un 31enne che si è già fatto 10 anni di galera per a rapina e abita qui in regime di sorvegliato speciale – ci vorrebbero 25 giorni filati. Figuriamoci in tutta Milano».

La Trecca. Sono passati più di 60 anni da quando è stata creata, e poco è cambiato da allora. Da quella fine anni Cinquanta quando Roy, jeans e maglietta neri e ciuffo ribelle sulla fronte, come la maggior parte dei giovani di quei tempi, era considerato un teddy boy, temuto dagli uomini e amato dalle donne. Era il capo indiscusso della Trecca, le caseVillaggio Trecca 1 minime messe in piedi in Via Zama dal 1934 al ‘37, nel quartiere che allora si chiamava Caproni. Dodici case ad alveare, a due piani, senza scantinati e una speciale soletta per isolarle dall’umidità. Case decisamente brutte, costruite con l’idea di ospitarvi profughi e indigenti. Monolocali con servizi igienici in comune e svariate deficienze. Poi, però, le difficoltà del dopoguerra e la perpetua mancanza di alloggi, hanno trasformato la Trecca in un quartiere di solido insediamento. Famiglie anche di 4 persone sono andate a vivere lì, stipate in spazi angusti. Anziani, papponi e prostitute. Ma anche pupe e balordi come Roy. Lui, inforcava il motorino truccato, un Motobi 50 cc, tassativamente nero, con il manubrio forcellare e il carburatore a trombetta maggiorato, per fare scorribande nel vicino viale Ungheria agli albori. Fango ovunque e due file di case Aler un po’ a riscatto e un po’ in affitto. Un unico bar, dove adesso c’è la farmacia, con l’autobus «T» che proprio lì faceva capolinea.

Roy lo si sentiva arrivare da quando saliva sul suo bolide, sul quale puntava sempre un sacco di soldi, scommettendo in gare di velocità contro moto di grossa cilindrata. Il rumore assordante non sfuggiva neanche ai vigili della zona che, almeno una volta al mese, gli sequestravano il mezzo. Ma lui ne assemblava subito un altro. Poi gli scontri tra bande rivali, formate anche da giovani che disertavano la scuola dell’obbligo per andare a guadagnarsi la pagnotta come scaricatori nel vicino ortomercato. E Roy che chiudeva la sua carriera in carcere, per aver investito e ucciso volutamente un «ghisa» che era stato messo a un incrocio della zona a dirigere il traffico.

Finito Roy, muore anche la Trecca (parola che deriva da tre ca’), ovvero i primi complessi popolari, le case minime. Vengono abbattute per farne dei palazzoni a nove piani, senza balconi, nel quartiere Salomone, che qualcuno chiama ancora Trecca. E dopo Roy arriva negli anni Novanta il tempo della malavita pesante all’Autoparco, in via Salomone 78, la base di misteri illeciti inconfessabili, con i capi della droga che andavano ad abitare in quei palazzoni bianchi. Ma è storia antica anche se la Trecca, dopo i teddy boy e i boss della droga, resta ancora un’incompiuta, terra di nessuno. C’è rimasta la parrocchia di San Galdino. Mentre il posto di polizia Locale è stato preso da un centro anziani. C’è sempre la stazione dei carabinieri messa in piedi nell’82: 10 militari coordinati da un paio d’anni dal maresciallo Giuseppe Palumbo. Barese tosto e iperattivo che trova persino il tempo di tenere dei corsi antitruffa ai pensionati del quartiere. Ma anche di fare sgomberi: di recente ne ha eseguiti 4: tutte famiglie rom.

Michele Focarete (Corriere della Sera)