Un clochard mi ha presentato Milano, cinquant’anni fa.

Vecchia Milano

Milano 7 Dicembre – Milano mia, portami via, portami là, dove la luna mangiava la sera,con la  dolcezza dei miei vent’anni, le braccia aperte alla vita.

Milano cullava le sue speranze: l’affanno del lavoro, l’amicizia paradigma di ogni incontro, la nebbia a custodire i sogni.

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E allora guardare Milano era la suggestione della sua bellezza, della sua fierezza, della sua operosità. Una Milano da assaporare lentamente, da conoscere nei vicoli più nascosti, da ascoltare nella generosità schiva della sua gente.

Sono arrivata a Milano nel 61 e avevo dentro l’odore del fieno, i passi sulla ghiaia di una strada di campagna, i ciliegi in fiore, i pioppi in fila indiana, il cammino del mio Po. E ancora la parlata larga della bassa parmigiana, una romanza di Verdi. Milano mi ha fatto paura: le luci, i suoni, le grandi case, le porte, le finestre. Mi dicevo “Ma quante case, quante porte, quante finestre… “E le sentivo chiuse, sbarrate, forse ostili. Ma c’era un uomo, un clochard, ogni sera, in via Necchi, quando la strada gira per via Lanzone. Suonava un’armonica a bocca, apparentemente felice, un cappello di lana ad oscurare lo sguardo, accartocciato sull’asfalto come un sacco informe. Imparai a stare lì, con lui, in silenzio, ognuno con i suoi pensieri, ognuno con le sue illusioni.  Non chiedeva niente, ma la sua anima cantava la vecchia Milano, con i mille personaggi delle ballate milanesi, a rincorrere un teatro immaginario d’amore per la sua città. Aveva scelto di vivere così “Vicino a Sant’Ambrogio che è il patrono dei milanesi. E io sono convinto che pretegge anche me.” E raccontava di un ristorante che gli dava da mangiare ogni giorno, di alcune signore che portavano vestiti e si preoccupavano del freddo “Perchè Milano è buona e generosa e bella. Se hai bisogno c’è sempre qualcuno che provvede. Ne sono sicuro.”

Sono passati cinquant’anni. Oggi i senzatetto sono diventati un grave problema politico e sociale. Milano è sempre buona, generosa e bella, ma l’accoglienza non può essere delegata solo alla generosità dei milanesi, non può creare conflittualità e lotta tra poveri. Vien da dire “Sant’Ambrogio, pensaci tu.”