Milano 13 Gennaio – Il film è incalzante, in continua tensione, quasi ossessivo, violento e crudo come peraltro è la guerra, sbagliata o giusta che sia. C’è poco spazio per gli affetti familiari, inseriti con maestria logistica e formale per restituire l’umanità di un protagonista che si sente, prima di tutto, un patriota. Con un forte senso di appartenenza, con un altissimo senso del dovere che determina le sue azioni nella difesa dei principi di democrazia, di lealtà e di orgoglio nazionali. L’11 settembre e la strage per mano di Al Qaeda è l’occasione per riflettere e decidere di arruolarsi e combattere in Iraq, diventando il cecchino più famoso e rispettato d’America. Una vera leggenda, con 160 bersagli colpiti ufficialmente, 250 secondo la voce popolare. Le scene di guerra hanno il sapore cruento del sangue, la logica del chi prima uccide vince, difende l’amico, il compagno, un popolo che non può soccombere davanti al fanatismo e alle false ideologie religiose. Clint Eastwood racconta con verità, ma senza chiedersi se quella guerra fu giusta o ingiusta o se, in generale, la guerra sia legittima. Parlano le sequenze che si snodano in un susseguirsi di eventi spesso drammatici, dando centralità ad un uomo che matura le proprie convinzioni di amore per la patria, che vuole essere protagonista di un riscatto che l’America ha deciso sia la guerra contro il terrorismo.
American Sniper è, infatti, la storia vera tratta dal libro omonimo del cecchino Kyle, interpretato con realismo ed efficacia da Bradley Cooper, ma è soprattutto la parabola di un uomo per cui combattere è la risposta giusta al volere del suo Paese e uccidere è salvaguardare la democrazia e la civiltàa cui appartiene. Muore per mano di un reduce della stessa guerra a cui cercava di prestare aiuto per facilitarne il rientro nella vita civile.
Fu un eroe? Senz’altro un eroe di guerra, a prescindere da come si voglia giudicare l’opportunità o meno della guerra scatenata in Iraq. Un ottimo “cane pastore”, con la coscienza di aver servito una causa legittima. Dice “Posso rispondere a Dio per ogni volta che ho premuto il griletto”.
Quando prende la mira contro il bambino a cui la madre ha affidato una granata da lanciare contro il soldati americani, penso ai bambini kamikaze dell’Isis, mandati al macello senza pietà e allora riconosco che sì, è legittimo prevenire la barbarie. E penso anche che se un Kyle fosse stato presente a Parigi, nelle vicinanze della sede di Charlie Hebdo, forse il massacro poteva essere evitato.
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Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano