Milano 23 Gennaio – È stata approvata dal Consiglio dei Ministri del 20 gennaio la Riforma delle banche, o meglio il testo che reca “disposizioni urgenti per il sistema bancario e gli investimenti”, in parallelo al varo delle misure a sostegno degli investimenti, il cosiddetto “Investment Compact”.
Si tratta della trasformazione delle dieci banche popolari di maggiori dimensioni, con attivi sopra gli 8 miliardi di euro, in società per azioni.
“Le altre, se lo vorranno potranno rimanere così”, spiega il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi. La finalità dell’intervento è “di garantire che la liquidità disponibile si trasformi in credito alle imprese e alle famiglie favorire la disponibilità di servizi migliori e prezzi più contenuti”.
Le banche popolari interessate dalla riforma, sono: Banco Popolare, Ubi, Bper, Bpm, Popolare di Vincenza, Veneto Banca, Popolare di Sondrio, Credito Valtellinese, Popolare Etruria e Lazio, Popolare di Bari.
Per loro verrà abolito il voto capitario che prevede un voto per ciascun componente al di là della quantità di azioni possedute. Tale norma è, però, oggetto di contestazione perché rischia di snaturare una parte significativa del sistema bancario italiano. Il sistema “una testa un voto” ha finora consentito alle banche popolari di restare piccole e autonome.
Prosegue Renzi “non si tratta di danneggiare la storia dei piccoli istituti ma far sì che le banche sul territorio siano all’altezza delle sfide europee e mondiali”.
Da tale riorganizzazione del settore del credito, che si pone come obiettivo quello di rafforzare la struttura del credito in Italia e adeguarlo allo scenario europeo, sono escluse le banche di credito cooperativo.
Renzi ha poi concluso con una battuta “abbiamo troppi banchieri ma facciamo poco credito, bisogna aprirsi ai mercati e all’innovazione. Il nostro sistema bancario è solido sano e serio ma deve cambiare”.
La riforma delle banche popolari non trova al momento il favore delle associazioni e delle piccole imprese. “Il sillogismo grande banca-grande credito non sembra aver funzionato. Gli imprenditori non registrano miglioramenti nell’accesso al credito con gli istituti di grandi dimensioni. Al contrario, il localismo bancario ha contribuito allo sviluppo del sistema produttivo italiano rappresentato per il 95% da piccole imprese. È il modello di sviluppo fatto di intreccio dell’economia con il territorio, idoneo a reggere la sfida dell’economia globale. Per questo siamo contrari alle ipotesi di riforma delle banche popolari all’attenzione del governo. A dirlo è il presidente di Confartigianato Giorgio Merletti, secondo il quale “il modello dell’economia globalizzata va coniugato con i sistemi di economie locali che hanno fatto la storia e il successo del Made in Italy”.
Una considerazione: anche Monte dei Paschi era una banca quotata in borsa. Con un grande patrimonio. Poi però si è visto cosa è successo…..
Nato a Roma, laureato in Giurisprudenza e Scienze Politiche,
ha ricoperto ruoli dirigenziali nella Pubblica Amministrazione.
Attualmente collabora con il Dipartimento Scienze Veterinarie e Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Milano. E’ autore di numerosi articoli in tema di diritto alimentare su riviste di settore. Partecipa alla realizzazione di seminari e tavole rotonde nell’ambito del One Health Approach. E’ giornalista pubblicista iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia.