Milano 27 Gennaio – “Una macchia di sporco dentro sudicie mura
e tutt´attorno il filo spinato
30.000 ci dormono…
Sono stato bambino tre anni fa.
Allora sognavo altri mondi.
Ora non sono più un bambino,
ho visto gli incendi
e troppo presto sono diventato grande.
Ho conosciuto la paura,
le parole di sangue, i giorni assassinati…
Questa la descrizione di Hanas Hachenburg del lager di Terezin in Cecoslovacchia: 15mila i bambini prigionieri, 4mila i disegni e 66 le poesie a testimoniare la paura, la sofferenza, il pianto. 150mila bambini, la maggior parte uccisi nelle camere a gas. Solo un centinaio sono rimasti vivi, con il cuore e l’anima dilaniati dai ricordi. La morte nei gesti degli aguzzini, nel respiro dell’aria, negli occhi degli adulti. Ma ai bambini rimane l’innocenza del sogno:
“Vorrei andare sola
dove c´è un´altra gente migliore
in qualche posto sconosciuto
dove nessuno più uccide.
Ma forse ci andremo in tanti
verso questo sogno,
in mille forse
e perché non subito? (Alena Sakarova)
Nella consapevolezza che l’attesa sbriciola il tempo lentamente, dolorosamente, perchè:
“Quattro anni dentro a una palude
in attesa che irrompa un´acqua pura.
Ma le acque dei fiumi scorrono in altri letti,
sia che tu muoia o che tu viva”.
E un’invocazione s’innalza al cielo:
“Voi, nuvole grige acciaio , che correte verso mete sconosciute
Voi, portateci il quadro dell’azzurro cielo
Voi portatevi il cinereo fumo..
Voi, difendeteci! Voi che siete fatte di gas
veleggiate per i mondi, semplicemente spazzate dal vento,
come l’eterno viandante aspettando la morte, voglio una volta, così come voi,
i metri misurare di lontananze future e non tornare più” (Hanu Hackenburg 1929 – 1944)
Poi la voce straziante di Eva:
“No, no, mio Dio, voglio vivere!
Senza vedere dissolversi i nostri numeri
Vogliamo avere un mondo migliore
Vogliamo lavorare, non dobbiamo morire” (Eva Pichovà)
Per guardare ancora i giardini fioriti, sentire il profumo delle rose, rimpiangere la libertà di una farfalla
“L´ultima, proprio l´ultima,
di un giallo così intenso, così
assolutamente giallo,
come una lacrima di sole quando cade
sopra una roccia bianca
– così gialla, così gialla! –
l´ultima,
volava in alto leggera
aleggiava sicura
per baciare il suo ultimo mondo.
Tra qualche giorno
sarà la mia settima settimana
di ghetto…
Ma qui non ho visto nessuna farfalla.
Quella dell´altra volta fu l´ultima:
le farfalle non vivono nel ghetto”. (Pavel Friedmann)
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Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano