Milano 14 Febbraio – Era una serata stanca. Nell’abbaino di Cesare si ascoltava Bob Dylan, il profeta di un mondo nuovo, il precursore dei nostri sogni di rivoluzione. Il salame sul tagliere di legno aveva il profumo della fame, il pane era l’orgoglio delle quattro lire messe insieme per mangiare. Cinque amici squattrinati intorno a un camino a raccontare una giornata di illusioni infrante, di incontri inutili, di speranze per il domani.
Era la sera di San Valentino del 1968, vibrante di idee, di sogni, di promesse. Era il guardarsi negli occhi e non sapere come confessare la solitudine del cuore, l’abbandono a un silenzio che martellava l’anima. Quella sera non poteva bastare Bob Dylan e le sue ballate di pace. Quella sera la neve accarezzava il desiderio d’amore e il tempo sputava una malinconica tristezza. I gesti, le parole erano quelli di sempre, ripetitivi e stanchi. Ma era San Valentino. Carlo aveva rimediato una bottiglia di spumante per brindare alla festa, perchè – disse – anche l’amicizia è amore. Ma sì, è vero, anche l’amicizia può scaldare il cuore. E nessuno osava confessare la nostalgia per un amore che ruba la vita, la volontà, quando anche il tempo s’innamora di un sorriso, quando la poesia annienta la ragione, quando tutto il mondo canta la tua passione. E gli aquiloni volano oltre l’arcobaleno. E le mani suonano il violino delle emozioni. E i fiori offrono alla rugiada la tenerezza
Perchè “Il vero amore è come una finestra iluminata, in una notte buia. Il vero amore è una quiete accesa” (Giuseppe Ungaretti).
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Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano