Milano 2 Maggio – Anni luce sono passati dalla “geometrica potenza” di via Fani, ma una lettura (con l’aiuto del Collegio dei Geometri) dei cortei che hanno devastato Milano il primo maggio andrebbe doverosamente fatta. Chi ha organizzato il Mayday aveva certo conseguito uno dei tanti prestigiosi master che si tengono alla Bocconi dei Vandali, al Centro sociale Il Cantiere, magari quel “Diploma in restauro conservativo dei cortei degli anni di piombo” o il workshop “Gestione, conservazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare” che vanno tanto di moda tra i punkabbestia chic, lo zoccolo duro elettorale di Pisapia.
Troppo perfetti erano i cordoni dei militanti antagonisti: ricordavano quelli del servizio d’ordine del Movimento studentesco che bazzicavano Pisapia e Gad Lerner, con caschi, spranghe e file di katanga con le mazze “antifa “allineate che scintillavano nella nebbia dei lacrimogeni. Per fare i “cucchini” ai fasci. Troppo precisi e chirurgici da architetto del terrore, da restauratore delle Br, erano poi le citazioni di quegli anni: gli assalti a vetrine di immobiliari e banche e flotte aziendali di papà. Sembravano studiate in qualche master rivoluzionario. Insomma, chi aveva organizzato il corteo aveva certo studiato in qualche bolscevico “corso specializzato in post diploma Anni di piombo”.
Accanto a una lettura da collegio dei Geometri, va fatta però anche una analisi psicoanalitica: mentre papà Pisapia era seduto sulla sua traballante poltrona dei salotti buoni, tra i radical chic parapanzati a farsi fotografare e a tagliare nastri per i media, i figli, come tanti Edipo, contestavano il re- padre: non a caso devastando il quartiere bene delle chiccose e piagnose Line Sotis & Maria Latella che il Corriere della Sura cova da anni sulle sue pagine.
Suv e Mercedes messe a fuoco dai figli “scemi della borghesia” (come recitava un mantra slogan della FGCI negli anni di piombo), attici e superattici liberty (il lusso dei padri) distrutti dai figli e dai nipoti in strada. Il fumo delle molotov saliva ai piani altri dei quartieri bene intorno a corso Magenta e piazza Virgilio, case da 10.000 euro al mq. E già che ci siamo, anche le vetrine della Gabetti che vende gli immobili, quando i padri e i nonni traslocano, arrostivano. Pisapia a tagliar nastri all’Expo, i nipotini in corteo a sfasciare vetrine.
Ma chi sono i cosìdetti black bloc? Anacronistici anarchici? Sfaccendati precari?
Tanti Fantomas, tanti Diabolik.
Fa tenerezza il povero sfasciavetrine in carrozzella, tutto vestito di nero, che assiste alle barricate e trottola da uno scontro all’altro, immortalato dagli scontri : sembra un revival delle para Olimpiadi. Ecco i “para- anni di piombo” . Quale carabiniere sarà così temerario da arrestarlo mentre il black block in carrozzella lancia molotov e assalta una vetrina di una banca ? Non sarebbe political correct.
Firmatissimi in tutine nere della collezione Armani for G8, ecco s’avanzano i cordoni dei Diabolik.
Una lettura post moderna qui si impone: e muniti della collezione delle sorelle Giussani,
tentiamo la critica testuale.
“Agiscono sempre con estrema sicurezza e freddezza. Il ricavato serve per vivere una vita agiata e per finanziare i nuovi e sofisticati metodi per le future rapine, spesso tecnologicamente al limite dell’irreale ma di grande impatto emotivo”.
L’enciclopedia Wikipedia ci aiuta a formattare l’identikit del nuovoterrorista metropolitano.L’infanzia di Diabolik innanzitutto: sembra la biografia di qualsiasi figlio di papà di una famiglia separata o allargata milanese, dove magari il padre divorziato scopre di essere gay e si sposa con una trans. E il figlio cresce senza amore.
“l nome anagrafico di Diabolik è tuttora ignoto. Egli è l’unico sopravvissuto di un naufragio, ritrovato poco più che neonato su una scialuppa alla deriva a largo di un’isola popolata da alcuni pescatori e dai membri della banda criminale del potentissimo boss del crimine King. Insieme al bambino furono ritrovati alcuni documenti dal contenuto tuttora ignoto[5] ma della massima importanza, che portarono King a decidere di non eliminarlo ma di tenerlo con sé, accettando che crescesse sull’isola accudito un po’ da tutti i membri dell’organizzazione che si riferivano a lui chiamandolo semplicemente Il ragazzo. Diabolik ha trascorso i primi 22 anni della sua vita sull’isola di King girando liberamente per il quartier generale, dimostrando fin da piccolo un’intelligenza prodigiosa. Il ragazzo viene apprezzato da tutti e tutti gli insegnano qualcosa: da Dempur impara a tagliare pietre preziose e a riconoscere i falsi a vista d’occhio, dall’ingegner Suanda apprende i segreti del mondo dei motori, ma soprattutto grazie allo scienziato Wolf si appassiona alle scienze, in particolare la chimica in cui dimostra un talento unico”.
Le sorelle Giussani hanno inconsapevolmente tracciato la biografia spirituale di ogni antagonista di oggi, che cresce nella città del Leoncavallo, coltiva cannabis, si stona con la coca, inneggia a Vallanzasca, vota Pisapia, adora Limonta e la Bisconti.
Ma poi, ecco il Povero Ginko: l’incapace e gabbato Alfano, che gongola davanti alle TV che tutto è andato bene, proprio cinque minuti prima che il centro di Milano vada a sfracello. “È estremamente leale con il proprio avversario, di qualunque risma esso sia. Persegue l’ideale di ogni tutore della legge: assicurare i delinquenti alla giustizia terrena. In particolare Ginko è ossessionato dalla coppia Diabolik-Eva Kant perché i due criminali, con impensabili e ingegnosi piani (alle volte tecnologicamente fantasiosi), riescono quasi sempre a raggiungere il loro scopo e sempre a farla franca”.
Ecco , le tante Eva Kant, le belle allieve delle marcelline, delle orsoline, dei pii istituti privati dove fa moda aiutare i nuovi katanga e gli scafisti fotografate nel corteo di Mayday. Le tante ninfette anoressiche del liceo Manzoni, che con la tutina di Emergency preparano cockail esplosivi per i fidanzatini in nero G8 e occupano le case popolari per darle ai clandestini barambara. Faranno tendenza?
“Eva si è inoltre imposta al lettore come modello di stile, in particolare per la sua indipendenza e negli anni è apparsa come icona visiva nella pubblicità e nella moda femminile, ma soprattutto come moderno modello di femminilità”,
I fidanzatini, i tanti Diabolik mascherati, saranno così gli eroi celebrati delle fanciulle in fiore tra i banchi del licei privati ?
Ma vediamo il finale del fumetto del primo Maggio. Come nei volumetti delle sorelle Giussani, alla fine di ogni storia c’è Diabolik che gongola davanti al malloppo.
I ragazzini bene dai nomi eleganti e evocativi, i tanti Lapo che si sono portati dietro maschere e tute firmate, hanno realizzato infatti il colpaccio mediatico. Ragazzini normali, che si travestono nei fine settimana, che dal teppismo nella curva nord di san Siro hanno portato in corteo le bombe carta e i razzi e i fumogeni: frequentano la curva nord del Cantiere, dello Zam, del Lambretta, le navi scuola del nuovo terrorismo.
Si ubriacano e consumano cocaina al sabato sera davanti al bar Rattazzo, il noto pregiudicato del Ticinese che è il vero ministro della cultura di questa giunta di punkabbestia.
Il piano dei Diabolik del Cantiere era ispirato proprio dai fumetti delle sorelle Giussani; confondersi con cento maschere tutte uguali, indossare una tuta nera da catena del montaggio del terrore per confondere l’ispettore Ginko, assaltare banche, impossessarsi delle prime pagine del giornali, tracimare in TV, e poi svignarsela con il malloppo mediatico mentre arrivava il povero e imbelle ministro degli interni Ginko: che ha trovato sul terreno le tute, zaini, caschi, guanti, mazze… Dov’erano gli antagonisti ? Hanno preso indisturbati la metro per arrivare davanti al bar Rattazzo o alle Colonne per l’aperitivo e la nuova pista di coca, raggiunti dalle belle e precarie Eva Kant. Gabbato il questore, via col vento, col la Harley (il vero Diabolik viaggiava in Jaguar): l’antagonista chic vola verso saint Moritz, nella baita di papà.
Nessun arresto. Un colpo mediatico perfetto.
Non a caso alla Scala, contemporaneamente, il coro ostentava altre maschere in una scenografia inquietante che evocava Metropolis di Lang. Insomma, un primo maggio all’insegna del post moderno , con tante inquiete citazioni.
Ogni Diabolik ora nel suo superattico in corso Magenta, o nella villa di montagna o a santa Margherita, toltasi la maschera, si felicita del colpo. Ginko lo cercherà invano al Leoncavallo o nelle suburre periferiche. Il nuovo Diabolik antagonista è un figlio di papà che vive nel lusso e vuole il potere. Era questo il malloppo mediatico rapinato . I centri sociali hanno conquistato le prime pagine del Corriere della Sura e dei quotidiani buonisti, e il loro messaggio vale oro: sono i centri sociali i veri padroni di Milano, i nuovi katanga possono comparire, sfasciare e poi scomparire come vogliono, svignandosela indisturbati.
E’ con i nuovi Diabolik che il Pd dovrà ora fare i conti, e concordare un nuovo patto elettorale, per far eleggere un sindaco amico e connivente. Il povero imbelle ispettore Ginko Alfano ringhia di rabbia ma nel fumetto del primo maggio ha subito l’ennesima sconfitta.