Milano 20 Maggio – Sabato scorso, papa Francesco ha incontrato il presidente dell’inesistente Palestina presso il territorio italiano concesso a quello che un tempo era definito Stato Pontificio e che oggi viene comunemente riconosciuto come Città del Vaticano.
Appena entrato nel Palazzo Apostolico, tra gli affreschi dell’italianissimo artista Raffaello Sanzio, Abu Mazen è stato calorosamente accolto da papa Bergoglio il quale, nel salutarlo, gli ha rivolto le seguenti parole:”Lei è un angelo della pace”.
Saranno stati i retaggi del passato sudamericano, o per come i gesuiti in tempi lontani intendevano la pace (soprattutto eterna per chi non fosse cattolico), che avranno spinto il Papa, in tempi recenti, a non ricevere oltre le mura leonine il Dalai Lama ed invece intrattenersi per ben due volte (il primo incontro con Mazen avvenne nel 2013) con un capo terrorista islamico?
Tanto affetto e stima sono dovuti alla convergenza di quelle idee antisemite comuni ad entrambi o alla solidarietà tra uno stato inesistente ed un altro che non supera la superficie di un moderno centro commerciale?
Non ci è dato saperlo ma questa volta il Papa ha raggiunto l’apice dell’ipocrisia, il tradimento della fede cattolica e ha dimostrato la sua totale sottomissione all’Islam, e spiegherò il mio punto di vista.
Eccovi Abu Mazen, “angelo della pace”, un individuo che si è sempre dimostrato antisemita al punto che nella sua tesi di laurea scrisse:” Sembra che il movimento sionista sia interessato ad aumentare le stime dei morti a causa dell’Olocausto per averne un maggiore tornaconto. Questo li ha portati ad enfatizzare questa stima (sei milioni) per conquistare la solidarietà dell’opinione pubblica internazionale. Molti studiosi hanno analizzato tale stima ed hanno raggiunto conclusioni sorprendenti, fissando il numero di vittime a poche centinaia di migliaia”.
Non contento di questo, Abu Mazen, l’angelo della pace, ha sempre sostenuto e commemorato tutti i terroristi palestinesi che si sono resi responsabili della morte di donne e bambini ebrei; non può passare inosservata l’annuale commemorazione, tanto amata dall’angelo della pace, per ricordare come eroi Ali Ahmad Hasan al-Atmah, Ziyad Abdar-Rahim Ka’ik e Muhammad Muslih Salim Dardour. Voi vi starete chiedendo chi sono costoro, presto detto.
Era il 15 maggio 1974 a Ma’alot, una cittadina nel nord di Israele, situata vicino al confine con il Libano, era il 26° anniversario della Proclamazione dello Stato di Israele, ma nonostante questo fu un giorno tutt’altro che gioioso per il paese. In questo giorno si consumò un terribile massacro, ad opera di terroristi palestinesi, presso la scuola elementare di Netiv Meir.
Quella mattina, 3 terroristi appartenenti al FDLP (Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina), entrarono in Israele passando dal Libano. Erano armati con fucili AK-47 d’assalto, granate ed esplosivi plastici vari.
Una volta entrati in territorio Israeliano, attaccarono immediatamente un furgone uccidendo due donne Arabo-Israeliane e ferendone una terza. Si diressero quindi presso un condominio, dove iniziarono a bussare ad ogni porta fino a che, Fortuna e Yosef Cohen, una coppia che abitava nell’edificio, udendo il rumore, aprirono la porta.
I terroristi li assalirono immediatamente uccidendo Yosef, il figlio Eliahu di soli 4 anni e ferendo la figlia Miriam di 5 anni. Fortuna, incinta di 7 mesi, tentò di scappare ma invano. I terroristi uccisero brutalmente anche lei.
L’unico sopravvissuto della famiglia fu il figlio Yitzhack, un bimbo di appena 16 mesi, sordomuto.
Quindi si diressero verso la scuola elementare.
Sulla strada incontrarono un lavoratore dei servizi igienico-sanitari di nome Yaakov Kadosh, al quale chiesero indicazioni per arrivare alla scuola. Subito dopo lo picchiarono a sangue e gli spararono ferendolo mortalmente.
Arrivati alla scuola, i terroristi attaccarono immediatamente uccidendo il guardiano ed alcuni bambini. Il resto degli alunni e dei docenti, 115 persone di cui 105 bambini, vennero presi in ostaggio. Nella scuola c’erano anche degli studenti di una scuola superiore in gita scolastica.
I bambini vennero costretti a rimanere seduti a terra, sotto la minaccia delle armi, con delle cariche esplosive posizionate tra ognuno di loro. I sequestratori chiedevano la liberazione di altri 23 terroristi palestinesi detenuti nelle prigioni israeliane. Fissarono come termine ultimo le 18.00 di quello stesso giorno. Se le loro richieste non fossero state accettate, avrebbero ucciso tutti gli ostaggi.
Verso le 10.00 un uomo di nome Sylvan Zerach, a casa in congedo dall’esercito, si avvicinò alla base di cemento di una torre dell’acqua non lontano dalla scuola per avere una visione più ravvicinata di quello che stava succedendo. Venne ucciso anche lui dai terroristi.
La Knesset (il Parlamento israeliano), in riunione d’emergenza alle 15.00, decise di negoziare con i palestinesi, ma questi si rifiutarono di prorogare il termine dell’ultimatum.
Fu allora che, alle 17.45, poco prima dello scadere del tempo, la Sayeret Matkal, un’unità della brigata d’élite Golani, iniziarono l’operazione di salvataggio assaltando l’edificio.
Tutti i terroristi vennero uccisi nell’attacco, ma purtroppo fecero in tempo ad usare le armi e gli esplosivi contro gli ostaggi. Spararono addosso ai bambini con granate ed armi automatiche varie. In totale 25 persone, di cui 22 bambini, vennero barbaramente uccisi ed altri 68 feriti.
Ogni anno Abu Mazen commemora questo massacro definendo i tre terroristi eroi, esempi da seguire e Bergoglio lo definisce angelo di pace. Ma d’altro canto, cosa possiamo aspettarci da Papa Francesco? Cosa potete aspettarvi voi cattolici dagli assordanti papali silenzi verso il genocidio dei cristiani in Oriente per mano dell’Isis, in merito al rapimento e massacro dei tre ragazzi adolescenti israeliani i cui esecutori trovarono rifugio e protezione proprio in quei territori sotto la giurisdizione di Abu Mazen? Chissà se il Vescovo di Roma è al corrente che il neo-eletto angelo della pace è stato anche condannato per terrorismo da due tribunali (uno francese e l’altro di New York).
Come può, e qui il tradimento verso la sua fede e, soprattutto, nei confronti del suo Principale, il Vicario di Cristo definire “angelo di pace” un individuo che accoglie in seno al suo “governo” quegli uomini (Hamas) che nel loro statuto professano la distruzione di Israele e di tutti gli ebrei e che nel maggio del 2002 hanno profanato la chiesa della Natività al punto che, coll’ipocrita silenzio vaticano, è stata addirittura riconsacrata? Gesù, il vostro Messia, non era forse ebreo? Non era un cittadino di Israele? Una guida spirituale, un buon pastore, il capo della fede cattolica dovrebbe, visti gli insegnamenti dei Vangeli, saper distinguere tra un angelo della pace e l’angelo della morte e, come egli stesso ama insegnare durante i suoi sermoni, essere puri di cuore e liberi da ogni gesuitismo.
Intanto, col bene placido degli antifascisti, dei pacifisti ed anche del Vaticano, in tutta Europa ed in Italia, le leggi razziali di nazista memoria, stanno ogni giorno guadagnando terreno: ieri marchiando con la Stella di David gli europei di religione ebraica, oggi i prodotti di fabbricazione israeliana venduti nel territorio del Vecchio Continente. Ma qui tutto tace, tanto non parliamo di uomini, parliamo di ebrei; non parliamo di politically correct, parliamo di persone perfettamente integrate nel tessuto sociale italiano ed europeo che non impongono a nessuno il loro credo, i loro usi e i loro costumi.
Impiegato presso una nota multinazionale americana, ha avuto varie esperienze di dirigenza sia in campo professionale che in campo politico.
Scrive per Milanopost ed altre testate, soffermandosi soprattutto su Israele, Medio Oriente, Africa sahariana e subsahariana. Giornalista Freelance scrive più per passione che per professione.