Milano 29 Maggio – Il primo ministro libico, Abdullah al-Theni, è sfuggito, martedì notte, ad un attentato a Tobruk, la capitale provvisoria del governo libico. Un gruppo di uomini al momento ancora sconosciuti hanno sparato contro il suo veicolo, ferendo un agente della scorta.
Dalle prime dichiarazioni rilasciate dal portavoce del governo, pare che “un gruppo di uomini armati hanno aperto il fuoco contro l’auto del premier, mentre stava lasciando il luogo dove poco prima c’è stata una sessione del Parlamento”, ha detto Hatem el-Ouraybi. Il primo ministro riconosciuto dalla comunità internazionale “è rimasto illeso, ma una delle sue guardie del corpo è rimasta ferito nella sparatoria”, ha aggiunto, dicendo: “E ‘stato un tentativo di assassinio”Gli autori della sparatoria, sono ribelli o jihadisti, ma ancora non sono stati identificati”.
La sparatoria è scoppiata dopo una seduta del Parlamento che si è tenuto nel suo quartier generale a Tobruk, vicino al confine con l’Egitto; sessione del Parlamento riconosciuto dalla comunità internazionale, dal momento che la coalizione delle milizie islamiche guidate dai Fratelli Musulmani hanno letteralmente sequestrato la capitale Tripoli.
La Libia è caduta nella più totale anarchia dopo la caduta di Muammar Gheddafi nel 2011 e le milizie dettano la loro legge. L’Onu ha cercato per mesi di trovare un compromesso per porre fine alla guerra civile libica ma l’intensificarsi di atti di violenza da parte dei jihadisti sta allontanando la possibilità di un governo di unità nazionale.
Intanto proprio dall’area controllata dalle forze teocratiche della Fratellanza Musulmana si stanno ammassando altre centinaia di migliaia di clandestini pronti a sbarcare in Italia ma da alcune rivelazioni di Wikileaks pare che l’Unione Europea stia preparando un piano militare per arginare il flusso di clandestini provenienti dall’Africa. I documenti oggetto della rivelazione di Assange sono stati destinati originariamente al Consiglio dell’Unione europea che riunisce i ministri europei, tra cui Interni o degli Affari esteri.
In questi due rapporti confidenziali del Comitato militare dell’Unione europea (EUMC) datati 12 maggio, gli autori esplorano la possibilità di un dispiegamento militare della durata di almeno un anno in Libia per fermare l’afflusso di rifugiati. La prima relazione raccomanda “un approccio flessibile e iterativo per fornire una risposta rapida ed il più efficiente possibile contro i trafficanti di esseri umani e intaccare il loro business”
La prima soluzione proposta è quella di “individuare, catturare e distruggere le navi prima che possano essere utilizzate dai trafficanti” tramite un lavoro di raccolta delle informazioni che in questo caso è inevitabile. La seconda proposta consiste nell’”evitare una troppo massiccia presenza marittima nelle aree di transito di migranti poiché una presenza navale potrebbe avere un effetto contro-produttivo”.
Da un punto di vista puramente giuridico, l’intervento dell’UE dovrebbe essere, secondo il primo rapporto, autorizzato con una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, a condizione che la Libia, afflitta da una guerra civile, ne faccia esplicita richiesta. “Un mandato del Consiglio di Sicurezza non è previsto per legge per le prime fasi”, affermano gli autori, ma “un sostegno delle Nazioni Unite sarebbe politicamente importante”.
Il secondo documento è un insieme di suggerimenti per un intervento militare nella regione. Fornisce anche elementi del linguaggio per comunicare con il pubblico su un intervento militare.
L’Unione europea intende quindi creare un “coordinamento militare con chiare regole di ingaggio” che sarebbe ospitato dall’Italia, su sua proposta, ma ben differenziato da Frontex.
Il rapporto specifica anche le condizioni di utilizzo della forza. Potrebbe quindi essere applicato nei casi di “sequestro di navi in caso di rifiuto di conformarsi, presa di ostaggi, in caso di minacce dirette ai servizi di emergenza, o persone sospettate di aver commesso reati”, Il piano prevede anche un possibile scontro militare con le forze dell’Isis presenti in Libia e “non dare la sensazione di aver scelto un campo” nella guerra civile libica “.
Il rapporto specifica anche che una campagna di propaganda dovrebbe accompagnare l’intervento armato. “La comunicazione dovrebbe sottolineare lo scopo dell’operazione che è quello di distruggere le infrastrutture e il modello di business dei trafficanti e di non soccorrere i migranti in mare”. L’obiettivo? “Ridurre i morti in mare”, comunicando con i potenziali candidati per l’attraversamento in attesa in Libia e nel Maghreb. Per quanto riguarda l’urgenza della situazione, il rapporto considera che si tratta di una “sfida realizzabile”.
Per quanto riguarda l’Italia, invece, come faremo a convincere i trafficanti di esseri umani di Caritas e coop rosse a rinunciare al loro business?
Impiegato presso una nota multinazionale americana, ha avuto varie esperienze di dirigenza sia in campo professionale che in campo politico.
Scrive per Milanopost ed altre testate, soffermandosi soprattutto su Israele, Medio Oriente, Africa sahariana e subsahariana. Giornalista Freelance scrive più per passione che per professione.