Milano 5 Giugno – Miopia malattia del secolo. Un problema in forte aumento in Italia, come in tutto il mondo, tra giovani e giovanissimi. E a rischiare di più sono nativi digitali, bambini e adolescenti cresciuti con strumenti di comunicazione hi tech sempre a disposizione. In 4 casi su 10 avranno qualche diottria in meno nel giro di un decennio. Ma, al contrario di quanto molti pensano, non è colpa degli schermi che “non sono ‘tossici’ per la vista e possono persino essere d’aiuto”. Il problema sono i ‘vizi’ d’uso: “La quantità eccessiva di tempo trascorso con gli occhi impegnati in una stessa attività, la distanza ravvicinata di visione, la scarsa propensione ad uscire di casa e a ‘sfruttare’ la luce naturale”, spiega all’Adnkronos Salute Lucio Buratto, direttore del Centro ambrosiano oftalmico di Milano, che conferma il trend di crescita della miopia in Europa e soprattutto in Asia.
“Da un’indagine che ho condotto intervistando oculisti dei maggiori centri di cura di tutto il mondo – continua Buratto – è risultato che questo difetto della vista è in crescita ovunque. InAsia, non sappiamo bene perché, siamo arrivati all’80% dei giovani colpiti. Un fenomeno, quello asiatico, estremo, di cui ancora non conosciamo le cause precise. Sappiamo però che alle nostre latitudini non si raggiungeranno mai, fortunatamente, queste percentuali”. In generale l’aumento di questo disturbo è legato allo ‘sfruttamento viziato’ della vista.
“Considerando l’evoluzione della razza umana – dice l’esperto – negli ultimi 100 anni si è arrivati ad un utilizzo della visione mai raggiunto nei millenni precedenti: la diffusione popolare della stampa, la luce elettrica che ha permesso di vedere per un tempo assai più prolungato e, negli ultimi anni, gli schermi. A questo si aggiunga l’aumento delle persone che studiano: oggi gran parte della popolazione lo fa dai 6 anni fino, almeno, ai 20 anni”.
Tutto questo aumenta la possibilità di una visione ‘viziata’. “La distanza di lettura ideale, ad esempio, è tra i 30 e i 35 cm. Poco rispettata dagli studenti e da chi usa smartphone, tablet o altro”. E poi c’è la scarsa propensione a stare all’aria aperta. “In Asia diverse ricerche hanno dimostrato che le classi di studenti che trascorrevano più tempo fuori, a parità di ore di studio, avevano meno componenti miopi”.
L’esperto sfata il mito dello schermo ‘dannoso’. “Sono innocenti. E’ la quantità d’uso, oltre che la modalità, il problema. Chi sta tanto tempo a guardare il monitor, per esempio, riduce la capacità naturale di ‘ammiccamento’, una funzione che aiuta a mantenere l’umidità dell’occhio. In questo modo aumenta la stanchezza e i rischi”. Ma la tecnologia “è anche amica degli occhi. Gli eBook, per esempio, sono un grande aiuto per la vista, perché permettono di aumentare la grandezza del carattere e ridurre l’affaticamento”. Senza considerare che esistono tante app utili per informare, valutare e supportare nelle cure.
Sul fronte dei dati la situazione europea, secondo un recente studio, pubblicato su ‘Ophtalmology‘, è ancora più allarmante: più la metà delle persone tra 25 e 29 anni, nel Vecchio Continente, ha problemi di diottrie. Un trend in netto peggioramento rispetto alla popolazione generale in cui si conta una persona miope su 4.
La ricerca ha preso in esame i dati di 15 studi che hanno coinvolto 60.000 mila persone, e ha evidenziato che da una generazione all’altra i casi di miopia sono più frequenti. Un aumento le cui cause non sono chiarissime. Ma i ricercatori confermano il forte legame con il livello degli studi: le persone che hanno interrotto la formazione scolastica prima dei 16 anni hanno due volte meno rischi di diventare miopi. E – anche in questo caso, come per schermi e strumenti elettronici – non perché lo studio faccia male alla vista, ma perché favorisce i soliti comportamenti dannosi, come stare troppo tempo in casa, riducendo l’esposizione alla luce naturale, o leggere troppo da vicino.
Nel corso delle generazioni è aumentato il numero di europei che continua a studiare dopo i 16 anni: erano solo il 12% tra i nati del 1920, contro il 33% dei nati nel 1960. Anche l’uso degli schermi e delle tecnologie – seppure non riguardi i partecipanti a questo studio – è un fattore di rischio e probabilmente inciderà per le generazioni future, quelle che cominciano precocemente a utilizzarli.
Katie Williams, coordinatrice dello studio e docente del Department of Ophthalmology del King’s College di Londra, sottolinea che l’aumento dei casi di miopia rappresenta un problema di sanità pubblica considerando che anche i disturbi oculari legati a questo disturbo rischiano di moltiplicarsi: dal glaucoma alla cataratta fino alla degenerazione della retina. (Adnkronos)
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