Milano 11 Giugno – Si annunciano tempi lunghi prima che possano partire i lavori dell’Agenda europea sui migranti. Il via libera non arriverà tanto in fretta dalla Commissione europea al piano per il ricollocamento all’interno degli Stati di 40mila richiedenti asilo arrivati dalla Siria e dall’Eritrea. Così, mentre in Italia crescono le polemiche e l’emergenza sbarchi si fa sempre più rovente, anche l‘Europa si defila.
E quello che doveva essere l’appuntamento cruciale per la questione, la riunione degli Affari interni Ue di martedì 16 giugno a Lussemburgo, molto probabilmente non porterà a nulla: ci sarà battaglia politica, ma non si deciderà un bel niente.
Troppe divisioni tra i Paesi europei – I nodi principali restano i criteri individuati per la chiave di ripartizione e l’obbligatorietà proposta dall’esecutivo comunitario appunto per il ricollocamento intra-Ue di 40mila migranti che richiedono protezione internazionale in due anni (24mila dall’Italia e 16mila dalla Grecia), contro la base volontaria stabilita dai leader Ue nel summit straordinario di aprile.
“La situazione è molto volatile, le divisioni tra gruppi di Statimembri ancora nette, e il lavoro tecnico resta in larga parte da fare”, spiegano le fonti del Consiglio europeo. Per questo è inevitabile che la chiusura del dossier, dopo una possibile luce verde politica dei leader al vertice del 25 e 26 giugno, slitti sotto la presidenza del semestre del Lussemburgo, al via dal primo luglio. E non si esclude che si arrivi ad ottobre.
Secondo più voci raccolte a Bruxelles, la presidenza lettone non ha facilitato l’iter. Troppo pochi gli incontri in vista del 16 giugno per una “maturazione tecnica e diplomatica”: solo due riunioni degli ambasciatori – l’ultima è prevista per venerdì mattina – e un unico meeting tecnico (a livello di Comitato strategico su immigrazione, frontiere e asilo).
D’altra parte la Commissione Ue non è disposta a fare concessioni. “Non cambieremo niente della proposta” in vista del consiglio Interni, indicano fonti dell’istituzione. L’esecutivo comunitario produrrà anche un documento sui rimpatri dei migranti economici, che sarà al centro della colazione di lavoro. La linea è quella di intensificarli, velocizzandoli, rafforzando il ruolo di Frontex, e lavorando a una maggiore collaborazione con i Paesi di origineper la riammissione (un grosso scoglio).
L’obiettivo è di innalzare la soglia dei rimpatri ben oltre il 39,2% della media Ue del 2013. Un tema legato anche ai fotosegnalamenti e alla raccolta delle impronte digitali: l’altra faccia della medaglia dell’accoglienza, all’insegna del rigore, e volta a una funzione di deterrenza.
L’Italia dovrà fare da sola – Dal canto suo per Roma (il capo del Viminale Angelino Alfano ne ha parlato martedì con il commissario Ue Dimitris Avramopoulos) i 24mila profughi in 24 mesi proposti per il ricollocamento sono un “numero insufficiente” (nelle prime bozze si era parlato di 50mila per la sola Italia, cifra poi ridotta per trovare più consensi). “Ma se i numeri rappresentano una goccia nel mare ed è ormai abbastanza chiaro che l’Italia nel 2015 se la dovrà cavare da sola – sottolineano fonti di Bruxelles – la partita vale la pena di essere giocata per far passare il principio politico della solidarietà sulla base di una ripartizione tra Stati membri, che la Commissione Ue vuole far diventare un sistema permanente”.
Migranti nelle caserme – La mazzata che arriva dall’Unione europea, proprio in un momento di grandissima emergenza, costringe Roma a a cercare in fretta vie d’uscita. E si fa strada l’ipotesi di utilizzare le caserme. Le prime due sono state individuate in Lombardia e in Veneto, ma entro pochi giorni il ministro dell’Interno Angelino Alfano potrebbe indicare altre strutture dove inviare l’ondata di profughi che si sta riversando sulle nostre coste. Non si esclude l’eventualità di requisire edifici, se questo si renderà necessario.
Anche Atene ha fatto sapere che il numero proposto per i ricollocamenti è troppo basso (per la Grecia si parlava di un “alleggerimento” di 16mila persone), anche se lo stesso governo ellenico ha ben chiaro quanto la strada sia in salita. A remare nettamente contro il dossier sono Ungheria e Repubblica Ceca. Polonia, Bulgaria e Romania, con i Paesi baltici, e la Spagna chiedono che il meccanismo sia su base volontaria. A favore sono Germania, Francia, Austria, Olanda, Svezia, Lussemburgo, Cipro, Malta, Belgio, ma tra questi c’è chi vuole una revisione dei parametri per la ripartizione. E anche questa discussione richiederà tempo. (Tg.com)
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