Renzi sotto schiaffo, rischia di saltare il patto tra PD e centristi

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Milano 12 Giugno – C’è la crisi economica che ancora morde il Paese, c’è l’emergenza immigrazione che lo divide, e c’è lo scandalo sulla gestione dei fondi per i migranti che lo incendia: è la tempesta perfetta, è «un’operazione di accerchiamento» agli occhi di Renzi, chiamato a fronteggiare le difficoltà e gli imprevisti.

Finora il premier ha fatto mostra di saper resistere allo stillicidio quotidiano di sbarchi e di rivelazioni giudiziarie, ponendo dietro una sorta di vetro antiproiettile il suo governo, il suo partito e i suoi alleati, blindati in Campidoglio come a Palazzo Chigi, tra la resistenza della giunta Marino e la difesa «garantista» del sottosegretario Castiglione.

Ma il «caso Azzollini» potrebbe produrre una crepa nel cristallo e provocarne la rottura, perché la richiesta di arresto avanzata dalla magistratura di Trani nei confronti del parlamentare centrista prevede il voto del Senato.

Cosa accadrebbe se la maggioranza si dividesse in quel passaggio? È chiaro che l’area di Ncd intenzionata a uscire dall’esecutivo potrebbe sfruttare l’occasione per recidere l’asse che lega Renzi e Alfano, anche se andrebbe spiegata un’evidente contraddizione che avrebbe il sapore dell’auto-sconfessione: come si giustificherebbe la rottura dal governo, quando la scissione del Pdl seguì all’accusa — rivolta a Berlusconi — di aver commesso «un grave errore politico» nel togliere la fiducia al gabinetto Letta a seguito del voto sulla sua decadenza?

È vero che dopo aver «subito» le dimissioni di due ministri, peraltro nemmeno indagati, i centristi potrebbero sostenere che le guance sono finite. Però è altrettanto vero che Renzi non esitò a schierare il Pd a favore dell’arresto di un deputato a lui vicino, come Genovese.

Si vedrà quali saranno gli esiti della vicenda, ma non c’è dubbio che — più di Mafia Capitale — è questa la vera faglia che si apre nella maggioranza nel bel mezzo della tempesta perfetta. È una fenditura che rischia di aprirsi fino a inghiottire tutto. E allora si capisce la prudenza mista a fermezza del premier e dei suoi uomini. E non c’è dubbio che il clima sia «pesante» e la situazione «terribilmente complicata», come ragionavano ieri il ministro Madia e il compagno di partito Fiano.

Ecco il motivo che spinge il gruppo dirigente dei democrat a prender tempo, «perché prima — come spiega il renziano Carbone — bisogna leggere le carte, verificare se ci sono o meno gli estremi del fumus persecutionis». La sensazione comunque è che al Nazareno si riflettano gli umori del leader, a cui Fiano dà voce: «Certo che la linea della magistratura verso Renzi…».

È una frase tronca che tuttavia rivela il nodo politico, un problema che va al di là del caso giudiziario. Per quanto il premier debba trasmettere un messaggio di fermezza, al fondo resta quella sensazione — confidata al suo stato maggiore — di «un’operazione di accerchiamento», che fa il paio con una battuta di Alfano rivolta ad alcuni esponenti di Ncd: «C’è un filone letterario che va avanti dal ‘94».

Il riferimento è ai vari governi caduti per effetto delle inchieste: dal primo gabinetto Berlusconi al secondo gabinetto Prodi. E nessuno è passato da Palazzo Chigi — nemmeno il gabinetto Letta — senza aver dovuto sostenere quella prova. È una tesi a cui Cicchitto dà forma e volti, parlando di «forze giudiziarie di sinistra e gruppi mediatici di destra» che mirano a «rendere difficile la vita al governo Renzi».

C’è la prova che Renzi voglia reagire. L’ha fatto l’altra sera in direzione, l’ha ribadito ieri sottolineando che «la responsabilità civile dei magistrati è un principio di buonsenso». L’interrogativo è se — per uscire dalla tempesta perfetta — non sia tentato di virare verso le elezioni. Non sembra questo il suo intendimento, «voglio andare fino in fondo con le riforme», continua a ripetere, sebbene sia consapevole della pericolosità della faglia, del logoramento a cui è sottoposto il partito alleato che rischia il crollo per consunzione.

Ma al bivio tra solidarietà e memoria, lo stato maggiore di Ncd sembra per ora fare argine: è compatto nella difesa di Azzollini ma — come il Pd — vuole anche leggere le carte.
L’obiettivo di Alfano è arrivare al referendum sulle riforme costituzionali e vincerlo «per testimoniare la bontà della scelta che abbiamo compiuto» e per intestarsi — con Renzi — il passaggio alla Terza Repubblica. Ma sembra una corsa contro il tempo, perché la tempesta perfetta si alimenta giorno dopo giorno con nuovi sbarchi e nuove indagini.

E nel governo, come nel Pd, in molti si chiedono sotto voce quale sia l’obiettivo di questo «accerchiamento» che mira alla scomposizione dell’attuale quadro politico. «Intanto — ha spiegato il leader di Ncd ad un alleato — si capisce com’è composto il comitato elettorale di Grillo: Buzzi, Carminati e certi media di destra che pensano di aiutare Berlusconi e non capiscono che stanno lavorando per i Cinquestelle».

Questi possono anche essere gli effetti, ma intanto la tempesta non si placa e nell’aula del Senato pure ieri si è notata l’usura degli ormeggi di governo. Se non venissero rinforzati in tempo, potrebbero spezzarsi con il voto su Azzollini.

Francesco Verderami (Corriere)