Icone della sinistra: Ernesto “Che” Guevara

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Milano 15 Giugno – Tra le maggiori icone della sinistra mondiale ed italiana troviamo Ernesto Guevara de la Serna, più noto come Che Guevara o semplicemente il Che. Egli nacque a Rosario (Argentina) il 14 Giugno del 1928, è stato un rivoluzionario,un guerrigliero, uno scrittore e un medico, rampollo di un’abbiente famiglia borghese. Primo di cinque fratelli, sebbene il padre avrà da un secondo matrimonio con la pittrice argentina Ana Maria Erra altri tre figli, Guevara era figlio di Ernesto Rafael Guevara Lynch, un imprenditore argentino di origini basche ed irlandesi, e di Celia de la Serna, benestante borghese di origini spagnole. Studiò dal 1941 nel Colegio Nacional Deán Funes e, nel 1948, si iscrisse all’Università di Buenos Aires per studiare medicina: dopo diverse interruzioni, si laureò il 12 luglio 1953 dopo diverse interruzioni della carriera scolastica.

Raggiunse il Guatemala dove il presidente Jacobo Arbenz Guzman guidava un governo populista che cercava di portare avanti una rivoluzione sociale attraverso varie riforme, soprattutto fondiarie. Intorno a questo periodo Guevara ricevette il famoso soprannome Che, dovuto all’uso frequente che faceva del tipico intercalare argentino che.  Il principale contatto di Guevara in Guatemala fu la socialista peruviana Hilda Gadea, che lo introdusse in ambienti vicini al governo Arbenz. Hilda faceva parte dell’American Popular Revolutionary Alliance, un movimento politico molto attivo in America Latina.  La sua situazione economica era piuttosto precaria e fu costretto a vendere alcuni gioielli di Hilda. Nel 1954, con la nave Alfhem fece arrivare  un carico d’armi per la fanteria e per l’artiglieria leggera. Il carico di armi venne inviato dalla Cecoslovacchia (sempre stato una sorta di stato logistico del Patto di Varsavia) al governo Arbenz. Il carico fu stimato in 2000 tonnellate dalla CIA.  Guevara si era recato per breve tempo in El Salvador per procurarsi un nuovo visto ed in seguito era ritornato in Guatemala. Nel frattempo, aveva avuto inizio il golpe di Carlos Castillos Armas, le cui forze non furono in grado di arrestare il trasporto delle armi ceche su ferrovia ma in seguito si riorganizzarono e, dotate di supporto aereo, guadagnarono terreno. Guevara entrò in una milizia armata organizzata dai giovani comunisti, ma ben presto ritornò ai suoi impegni medici. A seguito del colpo di stato, Guevara si era presentato volontario, ma Arbenz consigliò ai sostenitori dotati di cittadinanza estera di abbandonare il paese. Dopo che Hilda fu arrestata, Guevara per breve tempo si rifugiò nel consolato argentino e poi si trasferì in Messico dove rinnovò la sua amicizia con López e con gli altri esuli cubani che aveva incontrato in Guatemala. López lo mise in contatto con Raul Castro che mediò l’incontro tra il Che e Fidel. Il loro incontro durò una notte e durante quelle ore di conversazione Guevara si convinse che Castro era il capo rivoluzionario che stava cercando ed aderì al Movimento 26 Luglio che voleva abbattere il dittatore cubano Fulgencio Batista.  Guevara partecipò all’addestramento militare insieme agli altri membri del movimento e, alla fine del corso, fu segnalato dall’istruttore, il colonnello Alberto Bayo, come il migliore degli allievi. Nel frattempo, anche Hilda Gadea era arrivata dal Guatemala e riprese la sua relazione con Guevara.  Negli ultimi giorni del dicembre 1958 comandò l’attacco condotto dalla sua “squadra suicida” su Santa Clara. Il primo Gennaio del 1959, con la fuga di Batista la rivoluzione e la guerra civile cubana erano terminate ed il giorno successivo la colonna del Che entrò nella capitale di Cuba, L’Avana, e occupò la fortezza militare “La Cabana”. Per i sei mesi in cui rivestì l’incarico di comandante della prigione sovrintese ai processi e alle esecuzioni di circa 55 militari, ex ufficiali del regime di Batista, membri del BRAC (Buró de Represión de Actividades Comunistas, “Ufficio repressione attività comuniste”). In seguito, Guevara divenne dirigente dell’Istituto Nazionale per la Riforma Agraria e poi presidente della Banca Nazionale di Cuba . Già dallo stesso anno, Guevara aiutò ad organizzare tentativi rivoluzionari, a Panama e nelle Repubblica Dominicana. Ma è proprio nel periodo cubano che Ernesto Che Guevara svela il suo vero volto, quello prontamente nascosto dai suoi fedeli comunisti italiani: nel 1960 il procuratore militare Guevara illustra a Fidel e applica un “Piano generale del carcere”, definendone anche la specializzazione. Tra questi, ci sono quelli dedicati agli omosessuali in quanto tali, soprattutto attori, ballerini, artisti, anche se hanno partecipato alla rivoluzione.

Pochi mesi dopo, ai primi di gennaio, si apre a Cuba il primo “Campo di lavoro correzionale”, ossia di lavoro forzato. È il Che che lo dispone preventivamente e lo organizza nella penisola di Guanaha. Poi, sempre quand’era ministro di Castro, approntò e riempì fino all’orlo quattro lager: oltre a Guanaha, dove trovarono la morte migliaia di avversari, quello di Arco Iris, di Nueva Vida  e di Capitolo, nella zona di Palos, destinato ai bambini sotto ai dieci anni, figli degli oppositori a loro volta incarcerati e uccisi, per essere “rieducati” ai principi del comunismo.

È sempre Guevara a decidere della vita e della morte; può graziare e condannare senza processo. “Un dettagliato regolamento elaborato puntigliosamente dal medico argentino fissa le punizioni corporali per i dissidenti recidivi e “pericolosi” incarcerati: salire le scale delle varie prigioni con scarpe zavorrate di piombo; tagliare l’erba con i denti; essere impiegati nudi nelle “quadrillas” di lavori agricoli; venir immersi nei pozzi neri. Sono solo alcune delle sevizie da lui progettate, scrupolosamente applicate ai dissidenti e agli omosessuali. Il “Che” guiderà la stagione dei “terrorismo rosso” fino al 1962, quando l’incarico sarà assunto da altri, tra cui il fratello di Fidel, Raoul Castro. Sulla base del piano del carcere del Che e delle sue indicazioni riguardo l’atroce trattamento, nacquero le Umap, Unità Militari per l’Aiuto alla Produzione, destinati in particolare agli omosessuali. La prigione di Santiago Nueva Vida ospita 500 adolescenti da rieducare. Quella di Palos, bambini di dieci anni; la Nueva Carceral de la Habana del Est ospita omosessuali dichiarati o sospettati. Anni dopo alcuni dissidenti scappati negli Usa descriveranno le condizioni allucinanti riservate ai “corrigendi”, costretti a vivere in celle di 6 metri per 5 con 22 brandine sovrapposte, in tutto 42 persone in una cella. Il “Che” lavora con strategia rivolta al futuro Stato dittatoriale.

Nel corso dei due anni passati come responsabile della Seguridad del Estado, della Sicurezza dello Stato, parecchie migliaia di persone hanno perduto la vita fino al 1961 nel periodo in cui Guevara era artefice massimo del sistema segregazionista dell’isola. Il “Che”, soprannominato il macellaio del carcere-mattatoio di La Cabana”,  si opporrà sempre con forza alla proposta di sospendere le fucilazioni dei “criminali di guerra” (in realtà semplici oppositori politici) che pure veniva richiesta da diversi comunisti cubani. Fidel lo ringrazia pubblicamente con calore per la sua opera repressiva, generalizzando ancor più i metodi per cui ai propri nuovi collaboratori. Secondo Amnesty International, più di 100.000 cubani sono stati nei campi di lavoro; sono state assassinate da parte del regime circa 17.000 mila persone (accertate), più dei desaparecidos del regime cileno di Pinochet, più o meno equivalente a quelli dei militari argentini. La figura del “Che” ricorda da vicino quella del dottor Mengele, il medico nazista che seviziava i prigionieri col pretesto degli esperimenti scientifici. In merito alle sue condanne a morte sommarie Guevara affermò:” Fucilazioni, si. Abbiamo fucilato, fuciliamo e continueremo a fucilare finchè sarà necessario. La nostra lotta è una lotta a morte”.

Ma c’è un’altra cosa che i sinistroidi non sanno oppure nascondono: per evitare il rimpatrio forzato in Argentina, nel 1956,  tradisce un gruppo di suoi “compagni” permettendo che venissero arrestati. Era un individuo assetato di sangue e, non lo escluderei, con deliri di onnipotenza, in una sua lettera alla moglie Hilda Gadea scrive:” vivo nella foresta cubana, vivo assetato di sangue”. Uccideva con facilità ed è noto il caso di due contadini cubani (Guerra e Perez) che furono da egli stesso uccisi dopo essere stati accusati, senza prova alcuna, di tradimento e collaborazionismo. Tra i suoi stessi “compagni” è comune l’opinione che non abbia doti belliche bensì gli riconoscono le sue doti terroristiche.

Nel suo libro “Sulla guerriglia”, Guevara sostenne il modello cubano di rivoluzione, iniziato da un piccolo gruppo di guerriglieri, senza la necessità di ricorrere a grandi organizzazioni che sostenessero l’insurrezione armata. Questa strategia più tardi sarebbe fallita in Bolivia dove il Mengele dell’America Latina troverà la morte il 9 Ottobre 1967.

In quanto ai movimenti omosessuali che manifestano con l’effige del “Che” durante il gay pride non possiamo che fare solo alcune supposizioni: o costoro odiano così tanto se stessi da idolatrare il loro carnefice, o le forze politiche che li comandano li fanno marcire nella loro ignoranza storica oppure siamo dinanzi ad una variante della sindrome di Stoccolma. Fatto sta che tutte le icone della sinistra sono stati dei macellai, dei razzisti, ispirati da un’ideologia sanguinaria simile a quella religiosa che tendono a servire oggi.

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