Milano 20 Giugno – I danesi sono stati chiamati giovedì per eleggere i 179 deputati del Foleting, la camera unica del Parlamento.
Con oltre il 75% delle schede scrutinate, i risultati preliminari delle elezioni parlamentari danesi danno per vincitore il blocco Venstre, formato dal Partito popolare, contrario all’immigrazione, e dall’Alleanza Liberale. Con 91 seggi contro 84 per il blocco della sinistra, attualmente al potere. Il Partito popolare (DF) realizza anche con un record di 38 seggi, 16 in più rispetto al 2011. I socialdemocratici del primo ministro uscente Helle Thorning-Schmidt, hanno ottenuto 47 seggi, tre in più rispetto a quattro anni fa.
La campagna è stata dominata da questioni economiche e migratorie. Il blocco di destra ha annunciato una serie di misure per ridurre l’attrattiva della Danimarca per i richiedenti asilo, comprese le indennità riviste al ribasso per i nuovi arrivati e l’assegnazione di un permesso di soggiorno permanente in esclusiva per coloro che hanno occupazione e che parlano il danese. La sinistra al potere, tuttavia, è riuscita nelle ultime settimane in una spettacolare rimonta nei sondaggi, in sella alla ripresa economica.
“C’è del marcio in Danimarca”, con queste parole di Shakespeare, Helle Thorning-Schmidt, il primo ministro danese ha commentato il risultato elettorale, parole che in questo caso non possono che sottolineare ciò che le sinistre pensano della democrazia e del popolo quando vengono, giustamente, penalizzati. Helle Thorning-Schmidt, l’unico capo di governo la cui fama ha superato i confini del piccolo regno del nord, in particolare a causa dei suoi selfie con Barack Obama e il britannico David Cameron al funerale di Nelson Mandela, ha annunciato le sue dimissioni nella notte tra giovedì e venerdì. Il suo partito di socialdemocratici si è attestato come il partito di maggioranza relativa con il 26,3% dei voti e 47 membri, ma la coalizione della sinistra, con 89 seggi su 179, deve cedere il passo al blocco della destra, che ha ottenuto 90 seggi.
“Non abbiamo paura di entrare nel governo”, ha spiegato il leader della destra danese Thulesen Kristian Dahl all’agenzia di stampa danese Ritzau, sottolineando che nessuna decisione al momento è stata presa. Oltre alla sua visione senza compromessi in materia di immigrazione, il suo partito non è d’accordo con gli altri movimenti di destra sulle questioni europee e la spesa pubblica per la protezione sociale.
Fondato nel 1995, con l’intenzione di proteggere il patrimonio culturale danese, il partito di Dahl è stato tra il 2001 e il 2011 un attore influente sulla scena politica, sotto la guida del suo carismatico presidente Pia Kjærsgaard che ha poi dato il supporto a governi con minoranze di destra in cambio di misure drastiche in materia di immigrazione.
“Immigrazione più civile”, su questo slogan ha concentrato la sua campagna elettorale Thulesen Dahl, toccando i temi sullo stato sociale e a favore degli aiuti che devono favorire in primis i danesi. “Per venire in Danimarca bisogna lavorare”, ha detto Dahl, rivolgendosi ai migranti.
Il Primo Ministro uscente aveva messo in evidenza il fatto che il suo governo aveva inasprito le regole per l’accesso alla Danimarca per la prima volta in dodici anni. Ma gli elettori hanno preferito l’originale alla copia.
Un capovolgimento storico della situazione danese: il 2 ottobre 2011, Helle Thorning-Schmidt, ex eurodeputata, leader dei socialdemocratici dal 2005, venne nominata primo ministro, diventando la prima donna a ricoprire questa posizione a capo di una coalizione tra i socialdemocratici, la Sinistra Radicale e il Partito Popolare Socialista.
Il Partito del Popolo Danese (DF), nazionalista, più vicino al popolo danese ed ostile all’immigrazione che in Danimarca sta assumendo il volto di una vera e propria invasione, guidata da Kristian Dahl Thulesen ora diventerà un partito di governo che potrà, non senza le ostilità dei media e dei politici pagati da Al-Taqwa Bank (la banca dei Fratelli Musulmani), dare lezioni al resto dei popoli dell’Europa.
Impiegato presso una nota multinazionale americana, ha avuto varie esperienze di dirigenza sia in campo professionale che in campo politico.
Scrive per Milanopost ed altre testate, soffermandosi soprattutto su Israele, Medio Oriente, Africa sahariana e subsahariana. Giornalista Freelance scrive più per passione che per professione.