Milano 2 Luglio – La democrazia è un essere che si evolve. Gran parte del proprio successo lo deve proprio a questa flessibilità. E’ democrazia quella Russa, per quanto il potere di Putin sia enorme. E’ democrazia quella Israeliana, dove i Governi si succedono velocissimi, in un Parlamento sempre più frammentato. E’ stata democrazia quella Usa, anche quando potevano votare pochi maschi bianchi. Insomma, di democrazie ve ne sono molte. Oggi, in Occidente, soprattutto in Europa siamo in un’era di social-democrazia, ovvero un periodo in cui votano tanti, decidono pochi e nessuno è davvero responsabile. Non dico che nessuno si prende la responsabilità, dico che nessuno davvero ha su di sé il fardello del comando: il potere è frammentato, burocratizzato o smaterializzato. La cosa ci rassicura. Il potere è sempre impersonale, segue corsi prevedibili. A volte diventa tortuoso, ma non è mai troppo veloce. A volte ristagna. Qualche diga si forma, e qualcuna viene abbattuta. Per settant’anni la storia è andata così, placida come l’acqua dalla fonte al mare. Oggi il corso è stanco, la fonte si inaridisce e ci domandiamo quando scoppierà la tempesta. I fattori che inaridiscono la terra sono molteplici, ma il nocciolo economico fondamentale è che chi consuma la ricchezza (pensionati, statali, poveri ecc.) e vota è la stragrande maggioranza. Abbiamo quindi uno sbilanciamento fatale. In origine la maggior parte di chi votava era un produttore di ricchezza. E se non la produceva, anelava a farlo. Disponeva, in gran parte, di soldi che contribuiva, o si proponeva fortemente di contribuire. Poi è arrivato il benessere, le fasce tutelate si sono ingrossate. I diritti acquisiti si sono sedimentati. Ed ora chi ne beneficia è maggioranza. E chi non ne beneficia lo vorrebbe fare anche lui. Fortemente lo vorrebbe. Per questo produrre è visto come un accidente, fastidioso peraltro. Per questo la maggior parte della gente non capisce cosa ci sia che non va nella situazione Greca. Per questo il successo della Germania è sospetto. Per questo gli Usa Repubblicani fanno paura.
Per questo il nostro futuro oggi è più incerto che mai. Chi produce è ghettizzato, umiliato da una massa di burocrati che vuole giustificare il proprio impiego ad una massa abulica che sogna solo tutele impossibili e rendite di posizione per sé ed i propri figli. E vota. Vota sempre meno, vero, ma non cessa di perpetrare una classe dirigente che, nuova o vecchia che sia, si impegna incessante per la tutela di posizioni di vantaggio. Ora a favore degli anziani, ora delle famiglie numerose, ora degli omosessuali, ora delle forze armate. C’è sempre qualcuno che deve guadagnarci e chi paga è minoranza, per cui, per statuto impossibilitata a difendersi. L’ovvia conseguenza è che si fa sempre meno impresa, si impoverisce il tessuto sociale e le rendite diventano sempre più scarse. E’ successo in Grecia, sta succedendo da noi e persino in Germania non ne sono immuni.
Non esiste una soluzione indolore ed universale. Ma possiamo provare ad immaginarne una. Stabiliamo una soglia censuale per far votare. Voti solo chi non dipende per il proprio mantenimento dalle tasse altrui. Rendiamo il voto un privilegio. E’ una provocazione? Sì, ma molto, molto meno grave che far votare un popolo di mantenuti sull’uso dei soldi estorti agli operai Tedeschi. Ve l’assicuro.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,