Milano 6 Luglio – Queste maledette sigarette, cruccio e delizia dei fumatori, mano al borsellino e catarro in gola. Aumentano, aumentano sempre. Per le «bionde» si spende, ogni volta, qualche soldo il più, senza rinunciare a farsi del male. Quel boccone di fumo, quella dose di nicotina vale qualche centesimo di sacrificio. Complice lo Stato, a ogni aumento, uno sforzo: ma in tasca, sempre, il pacchetto. Torneremo allora, per volere della crisi –che fa fatica a mollar la presa – ai tempi del dopoguerra? Mancavano i soldi, le macerie ingombravano le strade e la sirena antiaerea era ancora nelle orecchie; ecco allora il ricordo «ingiallito»: in via Mario Pagano alla domenica mattina c’era un mercatino. Un mercatino di sigarette e tabacco a prezzi popolari.
Era lì la tabaccheria dei milanesi; lì c’era il recupero delle cicche, dei «mocc» come «se diss in milanes». Lungo il marciapiede, allineati, da bravi commercianti, stavano i «catamocc» che di notte, bastone e spillo, prima dei netturbini, raccoglievano i mozziconi di sigarette e ne facevano tabacco. Un’industria dei poveri che ai poveri si rivolgeva. Qualcuno il tabacco lo vendeva a mucchietti, altri offrivano le sigarette già arrotolate: tutto a pochi centesimi. Erano tutti lì i tabaccai abusivi (allora non ci si permetteva questo termine: abusiva era la vita), solo per poche ore, solo la domenica mattina. Un appuntamento per i fumatori più poveri: a fargli riparo il muro delle case rimaste in pedi. Ai tempi, in negozio, le sigarette si vendevano sfuse nelle bustine: due, cinque, dieci. Qualche lira, una tirata dopo cena: gli italiani avevano ricominciato a mangiare e a vivere e il pane, anziché con la tessera annonaria, si comprava in panetteria. La speranza nasceva dal silenzio: le sirene d’allarme diventate mute. La Via Mario Pagano ora è zona di lusso e non sarà mai più una tabaccheria a cielo aperto. Ma le sigarette, sempre più care, possono almeno far bene ai ricordi: il passato è sempre un buon monito.
Maurizio Bonassina (Corriere)
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