Milano 15 Luglio –La proposta di riforma della pensioni presentata in questi giorni dal presidente dell’Inps Tito Boeri, prevede una importante novità: il ricalcolo contributivo delle pensioni per alimentare la flessibilità in uscita dal mondo del lavoro (pensione anticipata con penalizzazioni).
Se andasse in porto, come cambierebbe l’assegno? L’esempio di un lavoratore (uomo) con stipendio di 2mila euro netti al mese. In caso di ricalcolo contributivo:
- 60 anni – con ingresso nel mondo del lavoro a 20 anni la decurtazione sarebbe del 19,9%; con ingresso a 25 anni del 7,4%;
- 50 anni decurtazione del 9,9% e del 4,9% rispettivamente;
- 40 anni decurtazione del 1,7% nel primo caso, nulla nel secondo;
- sotto 40 anni nessuna decurtazione perché avranno comunque l’intero assegno calcolato con il sistema contributivo.
In termini assoluti, un 66enne che lavora da 40 anni perderebbe 330 euro al mese di pensione (l’assegno con il sistema attuale sarebbe di 1.656 euro mentre con il calcolo interamente contributivo diventerebbe di 1.326 euro), mentre se ha iniziato a 25 anni il taglio sarebbe di 111 euro (da 1.494 euro a 1.383). Il 50enne, se ha iniziato a lavorare a 20 anni passa da 1.334 euro a 1.202, perdendo 132 euro, che si riducono a 66 euro nel caso in cui abbia invece iniziato a 25 anni. La pensione di un 30enne è invece calcolata, in ogni caso, a 1.070 euro in caso di ingresso nel mercato del lavoro a 20 anni, e a 1029 euro se ha iniziato a lavorare a 25 anni.
Si tratta, ovviamente, di calcoli teorici. A sopportare il taglio maggiore sarebbero, comunque, in caso di uscita anticipata, i lavoratori che avevano già 18 anni di contributi nel 1995, e che di conseguenza con il sistema attuale hanno una quota maggiore calcolata con il sistema retributivo.
Fra le varie posizioni, si segnala quella del presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, autore di una proposta di legge di riforma delle pensioni che a sua volta prevede una forma di flessibilità in uscita. “A Boeri rivolgo la stessa accusa che lui rivolge alla Camusso quando sostiene che parlare di un taglio del 35% serve solo ad ammazzare la sua proposta. Allo stesso modo io dico che sparare la cifra di 10 miliardi serve solo per ammazzare la mia”.
Il riferimento è alla cifra, 10 miliardi, che secondo il presidente dell’Inps rappresenta l’impatto sui conti pubblici della proposta Damiano. La quale prevede la possibilità di ritirarsi a partire dai 62 anni di età, con almeno 35 anni di contributi e una penalizzazione dell’assegno che può arrivare al massimo all’8% (in pratica, si perde un 2% per ogni anno di anticipo fra i 66 e i 62 anni). Damiano contesta il costo di 10 miliardi di questa soluzione, spiegando che questa cifra prende a riferimento la platea potenziale, ovvero ipotizza che tutti i 62enni vadano in pensione in anticipo. E non considera i casi di over 62enni che hanno perso il lavoro, e che già gravano sulle casse pubbliche con gli ammortizzatori sociali.
Per la cronaca il governo si è impegnato a fare una riforma delle pensioni con la prossima Legge di Stabilità, quindi alla fine dell’anno. Non resta che aspettare.
Nato a Roma, laureato in Giurisprudenza e Scienze Politiche,
ha ricoperto ruoli dirigenziali nella Pubblica Amministrazione.
Attualmente collabora con il Dipartimento Scienze Veterinarie e Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Milano. E’ autore di numerosi articoli in tema di diritto alimentare su riviste di settore. Partecipa alla realizzazione di seminari e tavole rotonde nell’ambito del One Health Approach. E’ giornalista pubblicista iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia.