Oggi all’Idroscalo la band afro che inventò l’hip hop

Cultura e spettacolo

Milano 16 Luglio – Magnolia Estate è, da tempo, una realtà assodata dello scenario musicale estivo milanese. E per quanto la temperatura possa salire o scendere in città, per gli appassionati di musica il cartellone all’Idroscalo è quel che si definisce una boccata d’aria fresca. Se ancora servisse una dimostrazione del credito raccolto da Magnolia in Italia e all’estero, basti l’arrivo in città domani – per l’unica data italiana (apertura cancelli ore 19, inizio concerto ore 21, ingresso 25 euro, info 02.75.61.046) – dei Public Enemy. La formazione statunitense è, senza discussioni insieme ai Run-DMC, una di quelle che ben si può definire pioniera dell’hip hop d’oltreoceano, avendo mosso i primi passi negli anni Ottanta. L’estetica rap avrebbe in realtà trionfato nelle classifiche nel decennio successivo (con artisti come Snoop Dogg, Eminem, The Notorius B.I.G., Jay-Z), ma i Public Enemy, già dal nome scelto per la band, mettevano in chiaro gli stilemi di un genere che avrebbe fatto del «cattivismo», del mondo black e della realtà della strada una sorta di «topos letterario». La prestigiosa classifica targata «Rolling Stone», per dire, inserisce i Public Enemy tra le prime cinquanta band imprescindibili della storia della musica moderna e, trattandosi di hip-hop e non del rock ormai assurto a istituzione, non è sicuramente poco. La band guidata da Chuck D e Flavor Fav si accomoda dunque all’Idroscalo per raccontare, attraverso i suoi ritmi aggressivi e le rime spigolose, una storia cominciata nel 1987 quando tre giovani di nome Dj Terminator X, Professor Griffin e Flavor Flav sfornano un brano sanamente antipatico dal titolo, forse un po’ scontato ma efficace, «Public Enemy No.1». Perché non farne il nome della band? La pensata è di un guru della discografica a stelle e strisce, quel Rick Rubin legato a nomi come Run-DMC, Beastie Boys e Slayer. Il «no» non è nemmeno previsto, e il primo album «Yo! Bum Rush The Show» si guadagna, con il successivo «It Takes a Nation of Millions to Hold Us Back» i galloni del manifesto di un genere. Brani come «Don’t Believe a Hype», «Bring The Noise» e «Fight The Power» (colonna sonora del cult movie «Fa’ la cosa giusta» di Spike Lee) lasciano il segno. Certo, i testi di Chuck D e compagni sono materiale che fa alzare il sopracciglio: i Public Enemy vanno dritto al bersaglio, spesso e volentieri urticando i punti fermi della borghesia benestante wasp e bianca del proprio Paese. Oggi che hip-hop e rap sono diventati da avanguardie rivoluzionarie a manieristiche posizioni di rendita, i Public Enemy restano un capitolo da rileggere.

 Ferruccio Gattuso (Il Giornale)

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