Milano 17 Luglio – Matteo Renzi se la rideva, di rientro dal vertice-fiume in cui si è trovato l’accordo con la Grecia.
Senza pudore, si presentava alla Conferenza Onu in Etiopia vantandosi: “Scusate il ritardo ma ho passato la notte a salvare l’Europa”.
Chissà che direbbe ora leggendo il report sull‘efficienza dei governi nel 2014 stilato dal World Economic Forum: una speciale classifica che pone in relazione i risultati raggiunti dai singoli governi con le risorse impiegate. In particolare, il rapporto analizza gli sprechidella pubblica amministrazione, l‘incidenza della burocrazia e la trasparenza della politica.
Su centoquarantaquattro governi presi in considerazione, l’Italia è penultima. Penultima, avete letto bene. Davanti al solo Venezuela, piagato da corruzione e violenza quasi endemiche. Dietro a Libia, quintultima, Angola, Ciad e Mauritania. In testa alla classifica, per la cronaca, spuntano microstati – per la verità ben poco rispettosi dei diritti umani – come Qatar, Singapore e Hong Kong. Nella top ten, tra le europee spiccano la Finlandia (terza), la Svizzera (nona) e il Lussemburgo (decimo). Notevole il settimo posto del Ruanda.
Ma torniamo a guardare in casa nostra. Proprio stamattina, parlando all’università di Nairobi, Renzi proclamava ai quattro venti che l’Italia “sta tornando ad essere un punto di riferimento nel mondo”: un traguardo che “solo la nostra tipica tendenza all’autocommiserazione” ci impedisce di ammirare.
Peccato che dal Wef arrivino (quasi) solo schiaffoni. Sebbene la classifica delle economie più competitive ci veda al 49° posto (comunque dietro Oman, Panama e Porto Rico), brutte notizie arrivano dai dati sull’efficienza del mercato del lavoro (dove siamo 136esimi su 144) e dallo sviluppo del mercato finanziario (119esimi). Un po’ di sollievo arriva dai dati sul sistema sanitario e scolastico, che ancora ci vede al 22esimo posto.
Renzi ne sarà fiero, ma che dire dei dati sull’efficienza dell’esecutivo? Per di più riguardo ad un anno, il 2014, che lo ha visto protagonista assoluto, prima come premier-ombra e poi come presidente del Consiglio a tutti gli effetti, sebbene non eletto, a dispetto delle dichiarazioni della vigilia. Ritardi ed inefficienze, si dirà, sono eredità del passato. Ma le dodici riforme al mese sbandierate nel 2014? La rivoluzione del buon governo? Forse non c’è stato tempo. D’altronde, il nostro premier stava salvando l’Europa.
Giovanni Masini (Il Giornale)
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