Milano 23 Luglio – Almeno 30 persone sono state uccise lunedì in un’esplosione causata da un attentato suicida nella città turca di Suruc, vicino al confine con la Siria, ha detto il ministero dell’Interno turco.
I media locali parlano anche di un centinaio di feriti. L’attacco è avvenuto nel giardino di un centro culturale a Suruc. Una fonte ufficiale assicura che ci siano “forti ragioni” per ritenere che il gruppo Stato islamico sia responsabile dell’attentato, ma se la paternità della strage è confermata, l’attacco sarebbe la prima azione terroristica sul suolo turco dalla nascita dell’Isis e, considerato che al momento non vi sono state rivendicazioni da parte di Daech, le autorità turche non sono certo immuni da sospetti e responsabilità.
L’attentato ha colpito un gruppo di giovani poco più che ventenni che si apprestavano a partire per la città di Kobane, diventata città simbolo della resistenza curda contro l’Isis, per portare aiuti umanitari e aiutare la popolazione nella ricostruzione dell’università che venne distrutta dall’ignoranza islamista di Daech. Una cosa che molti media hanno dimenticato di scrivere è che l’attentato è avvenuto durante un raduno organizzato dalla Federazione delle associazioni della gioventù socialista turca e curda, che rappresentano il principale movimento di opposizione alla deriva dittatoriale teocratica di Erdogan e del suo partito politico. La terrorista suicida aveva il volto sorridente e pieno di speranza come tanti giovani della sua età: 18 anni. Purtroppo la speranza che animava la sua esistenza non era quella di vivere un radioso futuro ma portare la morte in nome di Allah a tanti suoi coetanei.
E mentre tutto ciò avveniva a Suruc un altro attacco simultaneo ha lasciato sul terreno due vittime: un attentatore suicida ha fatto esplodere un’autobomba a un checkpoint a sud di Ayn al-Arab, due combattenti curdi sono stati uccisi nell’esplosione. La notizia è stata lanciata da Rami Abdel Rahman, capo dell’Osservatorio siriano dei diritti dell’uomo.
Ma torniamo alla strage di Suruc, dove circa 30 giovani socialisti di etnia curda e turca hanno trovato la morte mentre si apprestavano a partire per aiutare la popolazione curda di Kobane. Socialisti, curdi: i peggiori nemici di Erdogan. Sorgono spontaee alcune domande tra le quali due potrebbero essere dei veri e propri capi d’accusa contro Erdogan: perché mai l’Isis dovrebbe commettere un attentato in Turchia, considerato che il governo di Ankara, seppur non ufficialmente, è tra le sue principali fonti di reddito grazie all’accordo non scritto che permette all’Isis di contrabbandare il petrolio attraverso il suo confine? Ma soprattutto come mai questa volta l’Isis, sempre così pronto a rivendicare persino la decapitazione di una mosca infedele, non ha ancora trasmesso un video, un comunicato che rivendicasse l’azione, eclatante, terroristica?
Accordi tra Erdogan ed Al-Baghdadi? Sta di fatto che quello che è avvenuto a Suruc ricorda la strage che avvenne in Norvegia per mano di Breivik, seppur con altre modalità ed altri ideali, fatto sta che sono stati ammazzati dei giovani con idee diverse dall’attentatore e dai suoi mandanti.
Erano laici, erano socialisti, tra loro vi erano anche dei ragazzi curdi e appartenevano a quel partito che in Turchia vuole il ritorno alla democrazia, alla laicità e volevano aiutare i curdi asserragliati a Kobane, quella stessa città contro cui Erdogan scagliò parole di fuoco quando venne liberata dai curdi. In pratica tutte le vittime rappresentavano la gioventù nascente dell’opposizione alla sempre più crescente teocrazia di Erdogan.
Impiegato presso una nota multinazionale americana, ha avuto varie esperienze di dirigenza sia in campo professionale che in campo politico.
Scrive per Milanopost ed altre testate, soffermandosi soprattutto su Israele, Medio Oriente, Africa sahariana e subsahariana. Giornalista Freelance scrive più per passione che per professione.