Milano 24 Luglio – Meriem, 19 anni, è partita in questi giorni per andare a combattere con l’Isis. Ha abbandonato la vita normale che conduceva alle porte di Padova. Gli amici, lo spritz, la scuola. Ha preso le armi in nome di Allah. Era una ragazza integrata. Ed ora sta seguendo una nuova scuola, ha dei nuovi amici, un Dio che le chiede di sacrificare, in Suo nome, tutto. La sua vita, in primis. Poi quella degli amici e delle amiche. Forse persino quella della famiglia, che risulta integrata anch’essa. Quindi colpevole di collaborazionismo. Meriem è un simbolo. Il simbolo dell’integrazione laica ed agnostica ed il suo totale fallimento. La ragazza non era discriminata, aveva amici, faceva parte di una comunità. Il problema è che quando la Fede che provava ha provato a crescere, questa terra non ha saputo rispondere. Meriem ha quindi fatto tutto su internet. Riscoperto le sue radici, trovato un surrogato all’Islam che le veniva insegnato. Si è radicalizzata ed andata ad addestrarsi Qualcuno dice che sia partita per combattere in Siria. Sì, adesso. Forse. Ma Meriem non serve in quel teatro, di gente da far morire con un Kalashnicov in mano se ne trova a bizzeffe in quelle lande. No, lei serve a qualcosa di più importante. Lei, come i tanti combattenti stranieri, è l’avanguardia dell’invasione occidentale. I terroristi, so di dire una cosa controcorrente, difficilmente verranno mai sui barconi. Non ce n’è alcun bisogno, sono già qua. Solo che nemmeno loro lo sanno. Lo scopriranno un po’ alla volta. Lo desidereranno. Il vuoto metafisico, ideologico e valoriale attorno a loro glielo farà agognare. E più il clima buonista negherà che l’Isis esista, sia un pericolo o sia Islamica, più quei messaggi entreranno nella loro mente. E vi metteranno radici. Noi abbiamo contrapposto al loro radicalismo la negazione. Abbiamo detto agli Islamici Italiani “non esiste una forza come l’Isis, voi siete come noi. Imbelli. Non fareste mai nulla di così estremo. Vi siete integrati. Siete mansueti. Vi abbiamo dominato”.
Sembrerà strano, ma qualcuno di loro non si è arreso. Qualcuno non ha accettato la visione pacifista del Corano. Qualcuno, soprattutto, non ha gradito che lo Scalfari di turno, interpretasse al posto suo o del suo Imam di fiducia, il Corano. Se la sono presa parecchio. E per reazione hanno preso le armi. Al momento si tratta di qualche decina di casi. Sarebbe, però, utopia credere che i numeri resteranno quelli. Quando Meriem e gli altri torneranno, e torneranno perché di certo non li useranno come carne da macello, inizieranno a mostrarsi come martiri. Cioè testimoni, testimoni di un Dio che chiede sangue. Sangue degli adepti in primis, e degli amici e dei parenti in successione. Un Dio che noi occidentali possiamo ripudiare, possiamo negarne la natura, dire che gli invasati sono i seguaci di quella entità. Possiamo dire e fare più o meno quello che vogliamo, ma non potremo mai cancellare la verità: per quel Dio sanguinario e crudele un popolo, nascosto e sotterraneo da noi, ma scoperto e trionfante nel deserto Siriano, che marcia a bandiere spiegate verso il Futuro. Un futuro che noi abbiamo voluto relegare a sola dimensione umana ed economica, tagliandoci una via che ci avrebbe consentito di vincere.
Non è, comunque, troppo tardi, per riscoprire le radici Cristiane e Metafisiche che ci consentano di prendere le armi. Almeno in teoria, si intende. In pratica abbiamo la Boldrini e la Kyenge. Quindi, buona Apocalisse a tutti.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,