Milano 29 Luglio – Ogni città ha le proprie ferite. Crimini e misfatti che, come i momenti e gli episodi che le hanno dato fama e splendore, fanno parte del suo personale album di ricordi. Ferite rimaste incise nelle strade, nelle case, nei quartieri, che il tempo ha rimarginato, ma non è riuscito, né potrà mai, cancellare. Milano è una di quelle città, dove, spesso senza saperlo, si attraversano – e si vivono – luoghi che anni, decenni, addirittura secoli fa sono stati teatro di esecuzioni capitali, rapimenti, attentati, omicidi. Si è messo alla loro ricerca il fotografo Fabio Tasca, classe 1965, che nel libro appena uscito «Life Milano – 600 anni di cronaca nera milanese», li ha immortalati in una serie di immagini in bianco e nero consegnandoli alla storia. Il risultato è un viaggio nella parte oscura della città, una sorta di portfolio noir che, come recita il titolo, si rifà alla famosa rivista americana «Life» di cui il lavoro di Tasca riprende anche il formato, la grafica di copertina, persino l’inconfondibile testata, con la scritta bianca su fondo rosso che così elegantemente si sposa al bianco e nero delle immagini. Un lavoro durato una decina d’anni che raccoglie un’accurata selezione dei luoghi ritratti dal suo obiettivo. «La mia intenzione era fotografare Milano di notte, ma avevo bisogno di un’idea», spiega Tasca. «Finché, grazie a un libro sfogliato per caso, ho deciso di concentrarmi sui luoghi legati alla cronaca nera, non soltanto macchiati di sangue, ma anche scenario di misfatti, rapine, incidenti. Mi affascinava la possibilità di sintetizzare in una sola foto i vari piani temporali legati a quel posto: il periodo in cui si consumò la tragedia, quello in cui cambiò aspetto, spesso trasformandosi completamente, e il momento in cui ho scattato».
Trentanove immagini, tutte rigorosamente notturne («Mi muovevo in bicicletta, tra l’una e le tre, con la mia macchina formato Leica e il cavalletto») che mostrano gli scorci di una città fantasma, svuotata dalle persone, che affida la sua vita all’unica, sfuocata sagoma di un passante nella stazione di Porta Genova che campeggia in copertina o alle luci delle finestre accese. Una città immobile, illuminata dai lampioni e dai primi bagliori dell’alba.
C’è Piazza Castello, dove il 20 ottobre 1526 venne decapitata Bianca Maria Scapardone, contessa di Challant, condannata per aver ordinato l’omicidio di un suo amante occasionale; c’è Piazza Vetra, dove il 12 novembre 1641 vennero strangolate e arse sul rogo Anna Maria Pamolea e la sua serva Margarita Martignona accusate di stregoneria; c’è Piazza della Scala dove il 29 agosto 1925 l’ufficiale d’artiglieria Virginio de Fabritiis sorprende la moglie in effusioni amorose con l’amante sotto il porticato del teatro e le spara a bruciapelo, uccidendola. E poi via Osoppo, teatro nel 1958 della famosa rapina al furgone blindato della Banca Popolare di Milano; via Larga, dove nel 1969 durante una manifestazione perse la vita l’agente Antonio Annarumma; via San Gregorio, dove nel 1946 al numero 40 Rina Fort uccise la moglie dell’amante e i suoi tre figli. E via Scaldasole, dove il 12 dicembre 1969, al circolo La Comune venne arrestato Giuseppe Pinelli per la strage di piazza Fontana. «Avrei voluto fotografare la Questura ma non me lo permisero», ricorda Tasca. «Così andai in Scaldasole. Cominciai a scattare, ma si mise a piovere e me ne andai. Quando tornai la sera dopo trovai parcheggiata sul marciapiedi una Renault 4 rossa, simbolo del rapimento Moro e degli anni di piombo. Una curiosa combinazione. Non persi tempo: inquadrai e scattai» . Lorenzo Viganò (Corriere)
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