Milano 29 Luglio – Sono passati quasi otto mesi dall’esplosione di Mafia Capitale e non è successo nulla. Ledimissioni del vicesindaco e di numerosi assessori, una nuova ondata di arresti, lo spettro dello scioglimento del Consiglio comunale, la denuncia in mondovisione del New York Times sul degrado fuori controllo della città, il tracollo dell’Atac – nulla è servito a smuovere Ignazio Marino dalla poltrona che così maldestramente occupa. Nulla, neppure il preavviso di licenziamento che Matteo Renzi gli ha inviato quaranta giorni fa dal salotto di Porta a Porta.
Proprio questo è il punto: il premier-segretario appare impotente di fronte allo sfacelo della capitale d’Italia. Proprio come è accaduto in Campania, nonostante i numerosi e pasticciati tentativi di sbarrare la strada a Vincenzo De Luca, o come sta accadendo a Milano, dove nel Pd locale s’è già aperta la consueta guerra civile per la successione a Giuliano Pisapia, o nella Sicilia devastata da Rosario Crocetta. E come accade quotidianamente nei gruppi parlamentari, dove la minoranza fa il bello e il cattivo tempo e sistematicamente disattende le deliberazioni della maggioranza. Chi accusa Renzi di decisionismo, chi denuncia l’uomo solo al comando, chi sproloquia di “democratura” attribuisce al premier-segretario una virtù di cui, purtroppo, non appare più così provvisto come pure sarebbe necessario e auspicabile. Renzi, purtroppo, non decide: e quando decide, o sembra decidere, gli altri se ne infischiano e continuano come se niente fosse. In Campidoglio come in Parlamento come (quasi) ovunque.
Importa poco indagare sulle ragioni di questa debolezza, che a qualcuno pare disinteresse e ad altri tolleranza: più importante è capire quali saranno le conseguenze. E la risposta è chiara. Non si governa un Paese, né tantomeno si realizzano le grandi riforme promesse, senza un partito disciplinato, combattivo e coerente: a Roma come a Palermo, a Milano come a Montecitorio come a palazzo Madama. Il logoramento cui è sottoposto quotidianamente Renzi rischia di superare il punto di non ritorno. È bene saperlo, e reagire in fretta. Molto in fretta.
Fabrizio Rondolino (L’Intraprendente)
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