Milano 1 Agosto – Premessa. In questo articolo non leggerete il solito attacco cieco al Jobs Act. Non ce la prenderemo con il cattivo Mercato od il feroce Neoliberismo. No, qui ho una pretesa più grande e più alta: spiegare un’intera nazione sulla base di alcune percentuali. Due, nello specifico: +0,1% di disoccupati e -0,9% di inoccupati. Prima di tutto le definizioni: gli inoccupati sono i vinti. Quelli che si sono arresi. Quelli che il lavoro non lo cercano più. E dall’inizio dell’anno sono scesi di cento trentamila unità. Sono la piaga silente del paese, gli amareggiati, i delusi, quelli che nemmeno ci provano. I disoccupati, invece, un lavoro lo cercano e lo vorrebbero. Ma non lo trovano. Poletti ha cercato di dire una cosa, in fondo in fondo, vera: la gente sente che c’è la ripresa, cerca un lavoro, ma siccome la ripresa è all’inizio, non lo trova. Quindi la disoccupazione sale, anche se magari non ci sono più disoccupati di prima, solo meno vinti. Ovviamente, non è tutto così semplice, ma il principio in sé è vero. Il problema è che il Jobs Act non tocca le cause più profonde della disoccupazione Italiana. In primis la rigidità salariale. E poi la gestione del conflitto lavorativo, con giudici del lavoro che sembrano capi soviet affamati di kulaki da divorare, Sindacati finanziati coi soldi del datore che altro non aspettano se non estorcere quanto più danaro possibile e chissene delle conseguenze. Ma soprattutto una tassazione che uccide l’impresa. Non vi stiamo certo raccontando nulla di nuovo, la novità sta nello smuoversi dell’indifferenza, soprattutto tra i giovani, il grande male che finirà per ucciderci come nazione, se non curato.
L’effetto Renzi è questa ventata di voglia di riscatto. Una rinnovata forza, un anelito di riscossa. Certo, dato in mano ad un prestigiatore da quattro soldi che rischia di ucciderlo, più che di magnificarlo, ma tant’è è lì. Nei numeri. Nero su bianco. Il pessimismo, l’apatia, la sfiducia di Grillo e Salvini si infrange sui 131 mila che ieri erano professionalmente morti, ed oggi son di nuovo vivi. Un piccolo esercito che sarà mandato al macello in uno dei sistemi di collocamento più folle del mondo occidentale, un mostro che coniuga il salario minimo (un muro contro cui i neo vivi sbatteranno) ed una rigidità contrattuale (ora più viva che mani) che li esclude a priori. Eppure lottano. Magari entreranno nel tritacarne delle start up alle vongole. O finiranno nel girone infernale nelle coop che finiscono il lavoro iniziato dagli scafisti, ma di certo hanno di nuovo voglia di opporsi all’inerzia. Eco questo bacino è in marcia. E non è rappresentato da nessuno. Di certo non da Renzi, visto di quanto dovrà rispondere quando la bolla di sapone del Jobs Act scoppierà. Ma nemmeno Grillo, che di quella legge ha fatto il demonio. Se loro possono accedere al miraggio, ricordiamolo, è solo grazie a quell’atto normativo. E di Salvini è meglio non parlare. La sua soluzione è mandarli un anno via militare.
Sarebbero un ottimo target per un movimento liberale di massa che si batte contro, per esempio, i privilegi di chi vive tra i salvati del mondo del lavoro. Magari chiede anche lo sblocco del turn over nel pubblico, con l’obbligo morale di licenziare gli eccessi e sostituire gli incapaci. Insomma, putacaso, il partito della Grande Rivoluzione Liberale. Anche se, va detto, saremmo molto più credibili se prima licenziassimo Razzi e Brunetta…
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,