Milano 9 Agosto – Le spese fisse legate alla casa assorbono fino al 50% del reddito familiare. Un peso che grava sia su quelli che vivono in appartamenti di proprietà che, in misura maggiore, su chi ha una casa in locazione: l’incidenza di imposte, affitto, mutuo, bollette e condominio infatti supera abbondantemente, per almeno 3 milioni di italiani, il 40% andando oltre la soglia critica per la tenuta dei bilanci familiari. È quanto emerge da uno studio sui costi dell’abitare realizzato dalla Cgil nazionale che punta il dito contro l’iniquità dell’imposizione fiscale, che ricade maggiormente sui redditi più bassi e che non sarebbe intaccata dalle misure di alleggerimento annunciate dal premier Renzi. Anzi, dice ancora il sindacato, “produrrebbe risparmi molto variabili per le famiglie, con il paradosso di favorire i possessori di case di maggior pregio e penalizzare gli affittuari”.
Meglio sarebbe una “tassa progressiva”, propone la confederazione di Corso Italia che per tutelare i redditi più bassi di lavoratori e pensionati disegna un sistema in cui “la tassa sulla prima casa è abolita per chi possiede una sola abitazione con rendite catastali al di sotto di una certa soglia” mentre resterebbe inalterata “per i proprietari di immobili di maggior pregio”.
Secondo lo studio Cgil, le spese dei nuclei che vivono in case di proprietà e hanno contratto un mutuo, circa il 70% di quelli che hanno acquistato un’abitazione negli ultimi anni, incidono mediamente sul reddito familiare dal 31,53 (Torino) al 47,46% (Napoli). Percentuali superiori al 40% si registrano a Roma, Bari e Palermo. Più leggero, seppur consistente, il peso su chi non ha crediti verso le banche: si va da un minimo dell’11,81% del capoluogo piemontese, a un massimo del 17,44% della città partenopea. Quadro decisamente drammatico invece per le famiglie che vivono in affitto. Se il contratto sottoscritto tra proprietario e inquilino è a canone concordato, le incidenze sui redditi familiari si attestano sul 25,66% a Genova e superano il 30% in tutti gli altri casi, raggiungendo il 38,43% a Roma e il 38,61% a Bari. Se invece il contratto è a canone libero, le percentuali salgono ulteriormente, con una forbice che va dal 30,12% del capoluogo ligure al 50,04% della capitale.
Per questo la Cgil ribadisce la necessità di inserire la tassazione immobiliare “in un piano più ampio e progressivo che riguardi i grandi patrimoni”. Per tutelare i redditi più bassi di lavoratori e pensionati la tassa sulla prima casa dunque, “deve essere abolita per chi possiede una sola abitazione con rendite catastali al di sotto di una certa soglia, ma per i proprietari di immobili di maggior pregio l’obbligo di versamento deve essere mantenuto”.(Adnkronos)
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