Attacco kamikaze della Cina contro i mercati mondiali. E la propria economia

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Milano 12 Agosto – Si pensava che in questo periodo un po’ tutti andassero in ferie. Inclusi i geniali pianificatori centrali. Invece loro, come d’altronde tutti i grandi geni, non riposano mai. Così, in un anonimo Martedì d’Agosto, qualcuno ha ben pensato di mollare un ordigno atomico sulla finanza mondiale. Pensando, probabilmente, di non aver fatto nulla di così notevole. È la teoria dei sassi giù dalle montagne, dei sassi negli stagni o delle svalutazioni lampo alla va là che va tutto bene. Sì, nel mondo della finanza sono certo che la cosa venga descritta con altri toni ed altri colori, ma la sostanza è quella. Infatti la reazione dei mercati è stata immediata e fulminea. La congiuntura era già altalenante di suo, con la fiducia degli investitori Tedeschi in calo controbilanciata dalla chiusura dell’accordo tra Greci e creditori. Poi sono arrivati i Cinesi. Che hanno svalutato del 2% la moneta sul dollaro. E tutto è andato male. Come sempre, la cosa più interessante, però, è ciò che non si vede. Si vede la causa scatenante, cioè la svalutazione. Si vede la reazione, cioè il crollo. Si vede la causa prima, cioè il crollo di Shangai ed il tentativo Cinese di tenere in piedi il sistema. Ciò che non si vede, ma che gli investitori hanno immediatamente percepito, è il movente. Il colosso cinese sta tremando. Le sue ginocchia sono malferme. E nessuno sembra sapere esattamente perché. Si sa solo che se cade, sarà una strage. Per questo il petrolio scende, nessuno vuole avere stock fermi se l’industria rallenta. Quella che stiamo vedendo all’orizzonte non è una crisi finanziaria. E’ una crisi produttiva.

Pechino ha un problema. I suoi operai prendono troppo. Nessuno lo ammetterà mai, ovviamente. Il dogma Keynesiamo è che alti salari significano forte domanda interna e quindi alta produzione. In realtà i dati dicono che alti salari significano delocalizzazione e disoccupazione. Il regime, però, non può abbassare di colpo gli stipendi con una crescita da poco sotto le due cifre. Sarebbe un colpo di immagine enorme. A tacere del fatto che la situazione sociale cinese è sempre un mare delicato in cui gettare oggetti. Tipo macigni. Anche se all’inizio erano innocui sassolini che rotolavano giulivi sul fianco della montagna. Ma siccome questo particolare sasso non poteva restare nelle mani del Governo Cinese, Pechino ha chiuso gli occhi, invocato gli Antenati ed ha tirato. Sperando che invece che in acqua finisca nel giardino di qualcun altro. Tipo gli Usa, per dirne una. Già, perchè gli Usa stanno cercando disperatamente una finestra per uscire dalla casa degli orrori dell’inflazione. Quella occulta, la più pericolosa. Quella che rischia di esplodere in qualsiasi momento. Ecco, mentre Obama cerca una finestra, i Cinesi stanno inchiodando assi ad ogni pertugio.

Il problema è che l’inflazione in un sistema che sta finanziariamente esplodendo come quello Cinese, ha lo stesso effetto della cocaina su una persona fatta di anfetamine. Rischia di magnificare gli effetti maniacali ed alla fine spingere il malcapitato al suicidio. Vedremo. Di certo, per chi scrive, la droga non va combattuta con altra droga. Ma con la dura, solida realtà. Con le crisi, se necessario. Con l’onestà, in qualsiasi caso.

 

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