Milano 14 Agosto – E per farlo dovrebbe prima sapere chi è. Elena Donazzan è l’assessore al Lavoro ed all’Istruzione della Regione Veneto. Una donna cresciuta a pane, militanza ed impegno. Una persona che della politica ha visto tutto, dalla militanza al Parlamento. Sempre passando attraverso le preferenze, il territorio e le battaglie. Quelle vere. Attraverso le complicate vicende che hanno attraversato la coalizione di centrodestra lei è rimasta sempre fedele a se stessa. Oggi, in un monocolore verde, lei è l’unica a vestire il tricolore. In un Veneto a trazione leghista lei è la prima donna in consenso e preferenze. Insomma, è una delle poche politiche la cui validità non è stata decisa da un dominus compiacente. Ed in queste ore sta subendo, in Veneto, un odioso linciaggio mediatico. Ha trasgredito. Ha commesso un delitto che un Paese abituato a perdonare tutto e tutti non può tollerare. È una colpa gravissima. Ha osato ribellarsi al male. E l’ha detto pubblicamente. Questo la sinistra buonista, perbenista e fortemente ipocrita non l’ha potuto accettare.
Tutto nasce da un paio di biciclette. Quelle rubate nella notte di Mercoledì all’Assessore ed al suo accompagnatore a Sanremo. Senza perderci nei dettagli, lei non si dà per vinta. Le ritrova, affronta i nuovi “proprietari”, riottiene la sua bicicletta. Segue inseguimento cinematografico per riottenere l’altra. Che viene, alla fine ripresa. Nota a margine, per chi di voi fosse curioso, no i ladri non erano Liguri. Come ogni essere umano dotato di Facebook, finita l’impresa l’Assessore pubblica questo sulla sua pagina:
“Ore 2345. Io e Vittorio usciamo dal ristorante in centro a San Remo. Amarissima sorpresa! Ci hanno rubato le mountainbike che avevamo chiuso per bene col lucchetto. Troviamo solo uno dei due lucchetti. Dopo qualche secondo di sconforto ci monta la rabbia e iniziamo a ragionare. Ci viene in mente di chiedere a quelli che affittano le bici sulla più bella ciclabile d’Italia. Vittorio spiega ai più prossimi noleggiatori, che ci danno qualche indicazione, quanto ci fossero care affettivamente le nostre bici – la mia è vecchia ma me l’ha regalata il papà e quella di Vittorio é la sua fidanzata!!!- e si inoltra a cercare le due biciclette in mezzo ai magrebini (cosa non semplice e piuttosto pericolosa a quest’ora…) in zona stazione. Nel frattempo io riconosco la mia bici con sopra un magrebino di m…..la MIA bicicletta. Lo blocco, questo scappa e io come una pazza urlo che il bastardo l’avevo individuato. A quel punto é guerra. Il patriota Vittorio inforca la mia bici e a seguito di segnalazioni di una ragazza di Perugia che si ferma con la sua auto – certamente una Patriota in questa guerra tra stranieri ladri, malviventi e noi italiani – si mette a caccia della sua Specialized e dell’altro bastardo. In mezzo al buio in una zona distante dal centro becca tre magrebini, si fa giustizia da solo e riporta a casa la bici tra lo stupore dei noleggiatori autoctoni ….risultato: Magreb 0 Italia 2 ( le nostre bici tornate a casa) 1 in fuga….diciamo che i magrebini non avranno più tanta voglia di rubare le nostre bici se avranno il dubbio che vi sia un Patriota Camerata pronto a farsi giustizia.
Viva l’Italia e gli italiani che non piegano la testa. “
Ed il linciaggio parte sicuro e fiero. Come si permette, si chiedono indignati progressisti, comunisti, centri sociali e rifiuti vari di questa società, di chiamare Magrebini i Magrebini? Con che coraggio parla di “noi” e “loro”? Come possiamo accettare che sia patriottico non piegarsi, non chiamare le forze dell’ordine, non sottomettersi al triste teatrino della giustizia Italiana a porte girevoli? Orrore e raccapriccio solcano i volti compassati della sinistra al caviale Italiana. Così parte la caccia all’eretica. Ecco, francamente, io oggi senza riserve sto con l’Assessore. In primis perchè da liberale credo che solo tre cose debbano essere del tutto sacre ed intoccabili: la vita, il pensiero e la proprietà. E lei questo ha difeso. Facendo quello che ogni vero politico dovrebbe fare: dando l’esempio. Chi ha paura muore ogni giorno. Lei non ne ha avuta. Né del nemico esterno, il ladro che se ne frega di tutto, confidando che hai più da perdere tu di lui. Né del nemico interno, quel politicamente corretto che sta uccidendo la libertà di questo paese come un cuscino premuto sul volto di un ammalato. Ha agito, scritto e comunicato quello che tutti noi vorremmo avere il coraggio di fare, dire e comunicare. Almeno che avrei voluto avere io.
A me è successa la stessa cosa. Mi hanno rubato la bicicletta in pieno centro, a Padova. Anche io l’ho rivista sotto il sedere di un Nord Africano. Io, lo ammetto, non ho avuto il coraggio di reagire. E non ho nemmeno avuto il coraggio di scrivere la verità. Cioè che di delinquenti in Italia ce n’erano a sufficienza anche senza importarne. Non ho avuto nemmeno il coraggio di accusare l’immigrazione clandestina di essere una delle cause (sicuramente meno importante della giustizia, ovviamente) del degrado di questa nazione. Lei l’ha avuto. Ed ha dato voce anche a me. Fregandosene della ghestapo del politicamente corretto. Per questo la ringrazio. Ha riscattato anche il mio onore. Anche voi dovreste ringraziarla. Ha fatto lo stesso con il vostro di onore. Lo ha fatto con l’onore di tutte le vittime di questo Paese e di questa mafia intellettuale. Oggi, Elena Donazzan, ha riscattato con questo gesto l’onore di un’intera Nazione. Grazie.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,