Milano 22 Agosto – Alcuni anni fa, quando era ancora vicesegretario generale dell’ Ocse, Pier Carlo Padoan disse all’ incirca: «Se Atene non uscirà da sé dai suoi guai, vada pure in rovina». Fu spietato da prenderlo a schiaffi ma coerente con l’ ortodossia europeista. Pier Carlo, per formazione, è in tutto allineato col rigorismo di Frau Merkel e di Herr Schauble. Quando poi, negli stessi giorni, se ne uscì con la frase: «Il risanamento è efficace, il dolore è efficace (sic!)», fu preso per fanatico e ribattezzato Derviscio dell’ austerità.
Di Padoan, all’ epoca, ignoravamo financo il nome, cognito solo agli addetti del jet set economico internazionale. Da lustri viveva fuori d’ Italia. Un po’ negli Usa dove fu direttore del Fmi, un po’ a Parigi per sedere sulla poltrona dell’ Ocse. Finché Matteo Renzi non se l’ è preso come ministro dell’ Economia e ne abbiamo visto per la prima volta la faccia. «E quello sarebbe il cerbero?!», stupimmo, avendone lette di cotte e di crude sulla sua fama sinistra.
Non si può difatti immaginare un viso più bonario e mite di quello che inalbera -costantemente, quindi manco dire che finge- il nostro Pier Carlo. Per me, è una delle facciotte più simpatiche del governo. Sempre quieto e sereno anche se i numeri dell’ economia sono cattivi o, al meglio, mediocri.
Mentre se vedo Renzi mi viene il ballo di San Vito per tutte le riforme che minaccia, presagendo dietro a ciascuna una turlupinatura, guardare Padoan mi rasserena. Mi piace quando sorride e getta acqua sul fuoco delle promesse del premier dicendo che sono allo studio. Questo suo rimandarle a un vago futuro, mi tranquillizza molto più della minacciosa imminenza con cui ne parla Renzi.
Si direbbe, dunque, che tra il Padoan dell’Ocse e quello che guida il Ministero di Via XX Settembre ci sia uno iato. Tanto era duro e astratto il primo, quanto è comprensivo e pragmatico l’ altro. Torniamo al caso della Grecia da cui abbiamo preso le mosse. Se anni fa, all’ Ocse, Pier Carlo faceva il drastico – o ti sollevi da sola o vai in malora- nella recente crisi è stato invece tra i ministri Ue più aperti e soccorrevoli.
Mai ha fatto mancare una parola buona agli ellenici e di incoraggiamento per lo sballottato Alexis Tsipras. Direi che ha messo l’ anima per dare una mano ad Atene. Questo ci autorizza a concludere che Padoan è cambiato? Che non è più il derviscio rigorista dei tempi dell’ Ocse e che, tagliato il traguardo dei 65 anni, si è rabbonito? Che oggi pensa più allo sviluppo e meno agli aridi parametri con cui mittel e nord europei vorrebbero imbrigliare la nostra verve mediterranea?
Neanche per sogno. Pier Carlo non si è spostato di un millimetro dalle antiche convinzioni. È tuttora un fottutissimo, con rispetto parlando, sostenitore del fiscal compact, pareggio di bilancio, 60 per cento del debito sul Pil, tre per cento del deficit, ecc.
E allora, direte voi, a cosa servono il sorriso bonario, le aperture alla Grecia e tutto quello che ci siamo detti finora? Bè, la bonarietà è natura e quello resta. Quanto alla Grecia era una facciata che nascondeva un piano. E dietro quel piano ce n’ era un secondo. Entrambi sono farina del sacco di Renzi che ci ha tirato dentro obtorto collo il dolce Padoan. Ma ora Pier Carlo è molto imbarazzato e guarda con apprensione all’ avvenire.
Lo smaccato parteggiare di Roma per Atene, così ben rappresentato dal ministro dell’ Economia, mirava a compiacere François Hollande che della Grecia si era fatto paladino. Questa era la prima parte del programma ideato da Renzi: creare un asse Roma-Parigi per forzare i tedeschi a uscire dal loro teutonismo nei riguardi di Atene. Pier Carlo, che come ministro deve obbedienza al capo del governo, si è piegato abbastanza volentieri. È vero che in cuor suo avrebbe spezzato le reni alla Grecia, in coerenza, s’ intende, con le proprie convinzioni teoriche.
Tuttavia, sostenere le ragioni sbagliate di un Paese terzo gli procurava meno imbarazzo che farlo in favore dell’ Italia. In quel caso, sì che sarebbe entrata in gioco la sua personale credibilità. È un po’ come nella vita, dove hai meno scrupoli a raccomandare il figlio di un altro che non il tuo. Quel che però Padoan non si aspettava era la seconda tappa del piano. Il callido Renzi, forte del precedente greco, punta infatti a una vera alleanza con la Francia per combattere insieme le rigidità di Berlino.
Un accordo duraturo per favorire la ripresa e trovare nell’ appoggio del francese il fegato di contrapporsi a Frau Merkel che da solo non avrebbe. Si spiegano così le fantasticherie ferragostane di Matteo a base di tagli di tasse, redditi di cittadinanza, progetti mesopotamici e bagole varie. Capisco che vedere Al Sisi raddoppiare in un anno, come per magia, il Canale di Suez abbia avuto l’ effetto di un’ umiliante frustata su un giovane ambizioso come il nostro premier e non escludo che l’ Egitto lo abbia ispirato.
Tuttavia ha messo tanta di quella carne sul fuoco -meno tasse per cinque miliardi sulla casa, venti miliardi di sconti d’ imposta sulle imprese, altrettanti sulle persone fisiche entro il 2017- che se gli va buca il piano di tirare Parigi dalla sua non gli resta che fare il pastore in Lunigiana. Ma Francia o non Francia, Padoan è angosciato per la piega delle cose. Toccherebbe, infatti, a lui realizzare il bengodi di Renzi e convincere l’ Ue della sua fattibilità. Gli vengono i sudori freddi a pensare di presentarsi alla Frau di Berlino per dirle che il pareggio di bilancio, già promesso nel 2013 e rimandato al 2017, dovrà essere rinviato, che so, al 2021.
Non è nelle sue corde questo lassismo. Non è nella sua cultura di comunista convertito al capitalismo rigorista per occultare le proprie origini. Contraddice tutta la sua storia. Insomma, Pier Carlo non ci sta e non ci stanno quelli della sua cerchia. L’ intero Ministero dell’ Economia è in subbuglio e considera l’ asse con Parigi una iattura. I Celti -osservano- vorranno in cambio le nostre migliori aziende, come hanno già preso una fetta di Telecom. E Renzi – aggiungono sarcastici- ha cominciato a pagare dazio con la decisione di realizzare la banda larga, gigantesco affare per Telecom francesizzata.
Oppresso da questi ukase renziani, Pier Carlo non sa che pesci prendere. Continuare a occupare la sua cadrega o lasciarla? Peggiora le cose il fatto di non avere più a chi rivolgersi per dare una sterzata alla situazione. Il Nostro ha infatti perso i suoi riferimenti politici. Lo storico protettore, Max D’ Alema, ha subito un trattamento antitarme ed è da tempo in naftalina. Il presidente emerito Napolitano, che lo volle ministro, è ormai solo un santino nella quadreria del Palazzo.
Queste angustie di Padoan sono, per un osservatore allenato, visibili a occhio nudo. Sinceratevene voi stessi guardandolo in tv. Vedrete che la giacca che ha sempre portato un numero più grande del necessario, gli penzola addosso più di prima. È come se ci ballasse dentro, quasi posseduto. Segno di grande marasma interiore. E poi ditemi se i potenti sono da invidiare.
Fonte Dagospia Gianpaolo Perna (Liberoquotidiano)
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