Milano 31 Agosto – Dentro Brera si va percorrendo la storia. O virtualmente, entrando nel sito Internet, dove i capolavori sono digitalizzati in altissima definizione, con schede in inglese. Ma tutte le altre informazioni non sono ancora tradotte. Si può andare verso la Grande Brera, ovvero il progetto di accorpare Palazzo Citterio, lasciando scorrere su YouTube le bellissime immagini dirompenti e malinconiche del video realizzato dal regista Gianni Amelio, per far rivivere una vicenda incompleta dal 1972. Da quando lo Stato acquistò l’edificio settecentesco che attende di essere sistemato, in via Brera 12-14, accanto alla sede storica della Pinacoteca, via Brera 28. Aperta, questa, tutti i giorni, tranne il lunedì, dalle 8.30 alle 19.15, il sabato fino alle 23.
La segnaletica interna dovrebbe permettere al visitatore di entrare subito «in contatto» con il luogo, leggerne l’identità, costruirsi una «image». Modesta, purtroppo, quella che si ricava dai cartelli indicatori. Ma, si sa, Brera non è dotata di esperti di comunicazione e gestione, né di ufficio stampa e grafici. Nel monumentale cortile d’onore, l’attenzione è invariabilmente catalizzata dal bronzeo nudo seducente Napoleone del Canova, tornato all’antico splendore. Stanno ora ripulendo, grazie a Pirelli, altre due statue. Che meriterebbero, come tutta l’antologia scultorea di milanesi illustri qui riuniti, un’occhiata almeno dai concittadini.
Peccato che lo sguardo sia distratto dai bidoni della spazzatura, sparsi sotto il porticato, non proprio coerenti con un cortile d’onore. Non lo è neppure l’abbigliamento delle custodi della portineria. Sarebbero più dignitose in divisa, come qualsiasi rappresentante dello Stato. Perché il senso dell’appartenenza all’istituzione, a parole, lo dichiarano: «Questo è un museo, e ci vuole rispetto», riferendosi a chi, tra il pubblico, trasgredisce la regola di non sedersi sui gradini dello scalone. Testimonial di civili maniere, invece, i sorridenti allievi dell’Accademia che in estate hanno tenuto aperti i laboratori per la curiosità dei visitatori. I quali, nel lungo corridoio a pianoterra, davanti all’insegna «Trattoria da Salvatore» s’illudono di aver finalmente trovato un punto di ristoro. Si tratta invece del progetto espositivo «In q… alla pentola», nella sede corso di pittura del professor Nicola Salvatore. Alle pareti, pentole professionali con i ritratti degli chef più conosciuti; su una tavola, lastre di zucchero colorato, commestibili: «Mangia la tela».
Impossibile, peraltro, bere anche solo un caffè o un bicchier d’acqua. Rimosse, le macchinette distributrici. Ma se mai si decidesse di convertire in commerciali gli spazi dell’Accademia, gli studenti alzeranno barricate piuttosto che farsi trasferire. Eppure sono pacifici ragazzi. Come l’iraniano Damoon, che tornerà nel suo Paese certo di trovarvi lavoro, ed è venuto qui a imparare la decorazione «perché solo l’Italia è sinonimo di arte». E di tesori d’arte è ricolma la Pinacoteca, al primo piano. Non mancano i frequentatori, il numero sta crescendo. Manca lo spazio per l’esposizione. Denunciato non tanto dai magazzini a vista di opere nelle sale 23 e 38 (preferibili alle cantine), ma dall’affastellamento di quadri nella sala dell’Ottocento: «Il bacio» di Hayez insieme a «Fiumana» di Pellizza da Volpedo. Spazio esterno sarebbe semmai necessario per il laboratorio di restauro, ora anch’esso a vista dentro il percorso, ma almeno ci permette di documentare che dentro Brera c’è anche questa eccellenza.
Anna Mangiarotti (Il Giorno)
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