Milano 4 Settembre – Tatiana scrive con gli occhi e martedì scorso, stesa sul suo letto, ha scritto poche disperate parole: «Fabrizio minaccia il suicidio, vuole uccidere anche me». Fabrizio è il giovane marito sposato tre anni fa, quando la malattia di Tatiana non era ancora esplosa in tutta la sua drammaticità. Sla, un morbo che divora, una tortura. A lei ha tolto i muscoli e la voce cosicché per parlare usa un puntatore elettronico che traduce in lettere il suo pensiero attraverso l’orientamento della pupilla sulla testiera. Quella sera ha scritto al fratello Antonio che abita in fondo alla valle e ha fatto scattare l’allarme. Sono arrivati i carabinieri, Fabrizio si è barricato in casa brandendo coltelli e urlando minacce. «Andate via tutti». «Vedrete che cosa faccio». «Nessuno si occupa di me». «Sono armato». Morale: il trentaquattrennne Fabrizio, disoccupato di Villaretto di Roure, viene arrestato, processato per direttissima e liberato con il divieto di avvicinarsi alla casa del cognato dove nel frattempo è stata trasferita Tatiana con il suo macchinario. E’ quanto successo nell’ultima settimana a questa giovane donna appassionata di musica, innamorata di Fabrizio e tradita dalla salute.
«Sono andato fuori di testa»
Dietro i fatti emerge però una storia diversa da quel che potrebbe apparire. Questa è un dramma d’amore e della solitudine che poteva trasformarsi in tragedia se Tatiana non avesse parlato con gli occhi, se quell’sos elettronico non fosse giunto al fratello. «Sono andato fuori di testa per lo stress», ha detto lui davanti al giudice. «A Tatiana non ho mai fatto del male e mai ne avrei fatto. Sono stato lasciato solo con lei e mi sembrava di non farcela più». Fabrizio e Tatiana, dieci anni di fidanzamento, tre di matrimonio. Un appartamentino condiviso in questo paesino di montagna della media Val Chisone. Villaretto non è nemmeno un paese, è un gruppo di case dall’aria triste che si allunga sulla statale verso il Sestriere. Un bar, un sentiero che sale, il bosco. Il loro appartamento è al primo piano della palazzina della posta. «La ama più di se stesso – sospira Marika del Sigmund bar dove si ritrovano un po’ tutti, giovani e vecchi – Quante volte mi ha detto “io mi rovinerei la vita per lei”». Era angosciato dalla situazione, senza un lavoro, solo con Tatiana e con la sua malattia che da anni gli occupava le giornate. «Troppo tempo e troppo solo, l’hanno abbandonato e questa non è una cosa giusta. Lui era preoccupato perché sentiva di non farcela, di non riuscire a dare a Tatiana abbastanza sostegno». Sognava una famiglia normale, avrebbe voluto dei figli. «Quando io ho partorito mi ha detto “vorrei essere al posto tuo”. E poi c’erano le chiacchiere di paese, “maledette chiacchiere”. Chi lo vedeva fuori di casa diceva subito che doveva stare con sua moglie».
«Ma come fa un ragazzo a rimanere 24 ore al giorno in casa? C’è da impazzire. Io lo conosco bene, lui è molto buono e non è la solita frase fatta. Non ha mai chiesto aiuto per Tatiana ma si capiva che era in difficoltà». Fabrizio era andato al bar quella sera, prima di ritirarsi con i suoi demoni. «Era alterato: continuava a dirmi “Mari mi ascolti?” e poi se ne stava zitto». L’altro giorno l’avevano chiamato a lavorare per sistemare la piazzola del bar. «Era venuto, sempre disponibile e senza lamentarsi». Dentro però aveva un fuoco. «Il fuoco dell’impotenza – aggiunge Cristian Bosello, il suo avvocato – Vedeva nero perché non aveva un lavoro, non aveva soldi e non aveva aiuti e anche con la famiglia di Tatiana non era un idillio». Da casa Cantin non vogliono polemizzare e tagliano corto: «E’ un problema da risolvere in famiglia, Tatiana ha ora bisogno di ritrovare la serenità». Ecco, dunque, cosa c’era dietro quel messaggio disperato lanciato da Tatiana. C’era una minaccia, certo. Lei si è salvata grazie a quel monitor, alle sue pupille che scrivono come polpastrelli. Ma alla base di tutto non si vedono tracce di odio. Solo di un grande amore e di molta solitudine, impotenza e disperazione. Dopo le manette e il processo Fabrizio è tornato nella casetta di montagna. Dove ha sempre vissuto con lei. Che ora, assicurano gli amici, gli manca più dell’aria che respira.
(Andrea Pasqualetto – Corriere)
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