Ancora un valzer, un solo valzer e fa che sia di primavera

Approfondimenti Le storie di Nene

Milano 5 Settembre –  Ancora un valzer, un ultimo valzer e fa che sia di primavera, là, in mezzo agli orti, tra il profumo di viole e glicini in fiore, là dove una mano sfiorata era la tenerezza e lo sbocciare del primo e unico amore, là dove ballare era la promessa di un’intimità sconosciuta

Marina accarezza il dolore di Aldo con un sussurro. Aldo sorride per regalarle speranza, ma quella maledetta carrozzella è il destino di una vita cattiva

Aldo era un bravo muratore, attento, perfezionista.. Era uno di quelli a cui la fatica non faceva paura e amava le piccole cose quotidiane: il calcio (ma quante delusioni quel Torino), le romanze delle opere liriche, il risotto e la cassoeula, il mare d’estate, anche per soli 15 giorni, a Cervia, nella riviera romagnola.  Perché si giocava con le bocce in spiaggia e, ormai, dopo vent’anni, aveva tanti amici e la vita poteva avere uno sguardo sereno. Perché serena la era davvero la vita, con quella moglie un po’ distratta, ma tanto dolce, un po’ pasticciona, ma così complice, un po’ originale a volte, ma così intelligente e piena di interessi.  E poi si amavano, da tanto tempo, ed era un amore che non aveva bisogno di parole, che abitava nell’integrità delle intenzioni, nello scambio naturale e immediato di emozioni e pensieri, nel desiderio, semplicemente, di vivere insieme. E ballare era un momento d’amore bellissimo. Era la musica dell’armonia dei corpi. Era la voglia di fermare il tempo, Era la dolcezza di un ricordo. Era il canto dei loro cuori.

Poi quel tragico salto da un’impalcatura e la sentenza inequivocabile dei medici: non potrà più camminare. Marina spende tutti i risparmi per farlo visitare privatamente, lo accompagna nelle strutture più qualificate, ma la sentenza è sempre la stessa. Aldo è condannato “Se solo ci fossero stati più controlli… Se ad esempio si fosse aspettato un giorno o due, dopo quella pioggia …chissà…”. E nella generosità che ispira ogni suo pensiero, non se la sente neppure di colpevolizzare la ditta che gestiva il lavoro. “E’ il destino”, ripete.

Marina ha uno sguardo materno:  lo coccola, lo vizia, lo stringe come fosse un bambino.  E con un nodo alla gola che è rimpianto e malinconia, sussurra “Un valzer, un solo ultimo valzer per farlo ancora felice”.

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