Milano 6 Settembre – Uomo immagine per eccellenza in materia di giustizia e di legalità, Raffaele Cantone non deve avere molta nostalgia della toga da magistrato. Non gli mancano le tetre stanze del massimario della Corte di Cassazione o le polverose aule d’udienza dei tribunali del Mezzogiorno.
Invitato alla Festa dell’Unità di Milano per partecipare alle presentazione del libro “Io non posso tacere” dell’ex procuratore di Prato Piero Tony, come riportato ieri da Il Foglio, lo Zar anticorruzione si è lasciato andare ad affermazioni forti, sicuramente perfette per le slide di Matteo Renzi, ma in contro tendenza con lo stile pacato e riflessivo a cui ci ha abituato in questi mesi dove ha svolto il ruolo di salvatore della patria dal malaffare. “Le correnti della magistratura sono uno strumento indispensabile per fare carriera. Sono diventate un cancro. Se non fai parte di una corrente non vai da nessuna parte”. E poi: “Il Consiglio Superiore della Magistratura è diventato un centro di potere vuoto”. Tutti argomenti condivisibili e difficilmente opinabili, ma che detti da un magistrato che fra qualche anno, al termine del mandato presso l’Autorità Nazionale Anticorruzione dovrà tornare a scrivere (forse) le sentenze fanno comunque un certo effetto e pongono qualche interrogativo.
“Io non mi sono mai cancellato dall’Associazione Nazionale Magistrati, ma faccio fatica a pensare di essere difeso da un soggetto che si batte per tenere il numero di ferie a quarantacinque giorni. E sono iscritto dal primo giorno alla corrente che aveva fondato Giovanni Falcone”.
I temi dello storytelling renziano ci sono tutti. Miglior testimonial il presidente del Consiglio non poteva, infatti, trovare per far passare la sua idea di magistrato novus. Un instancabile lavoratore che non va mai in ferie, lontano dall’Anm, un inutile sindacato che rappresenta solo se stesso, critico con quell’organismo antiquato che fa tanto prima Repubblica, il Csm, simbolo per eccellenza della Casta togata. Tutti apparati anacronistici da eliminare quanto prima o, al massimo, da trasformare ad immagine e somiglianza del premier.
Come dicevamo “l’outing” di Cantone, oltre a non rendersi simpatico con molti suoi colleghi, nasconde qualcosa di più profondo. A partire dal luogo scelto per farlo, la festa del Partito Democratico, il partito che da Tangentopoli in avanti rinunciando alla sua tradizione riformista ha appaltato alla magistratura i compiti tipici della politica. Dalla selezione della classe dirigente al suo rinnovamento, non attraverso libere elezioni ma attraverso le ordinanze di custodia cautelare, sempre in diretta televisiva in modo tale che tutti traggano insegnamento dalla gogna mediatica.
Raffaele Cantone ha voluto con le sue affermazioni dare un segnale forte, facendoci forse capire cosa ha intenzione di fare da grande. Prendere le distanze dall’Anm e dal Csm è un passaggio fondamentale per superare il pregiudizio concreto che un magistrato in servizio possa un domani diventare ministro della Giustizia.
Non sappiamo se Cantone romperà questo tabù. Certamente negli ultimi vent’anni molti magistrati invece di usare la penna per scrivere le sentente hanno usato il microfono, diventando veri campioni della comunicazione. Cavalcando il filone giusto del momento (antimafia, giustizialismo, retro marcia dal giustizialismo, garantismo a giorni alterni) in tanti si sono trasformati in politici consumati, giungendo a ricoprire incarichi pubblici di tutto rispetto. Non è certamente questo il caso di Raffaele Cantone. Ma non ci stupiremmo se fra qualche anno ci dovesse essere lui a Palazzo Chigi invece di Matteo Renzi.
Nato a Roma, laureato in Giurisprudenza e Scienze Politiche,
ha ricoperto ruoli dirigenziali nella Pubblica Amministrazione.
Attualmente collabora con il Dipartimento Scienze Veterinarie e Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Milano. E’ autore di numerosi articoli in tema di diritto alimentare su riviste di settore. Partecipa alla realizzazione di seminari e tavole rotonde nell’ambito del One Health Approach. E’ giornalista pubblicista iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia.