Milano 6 Settembre – Arrivano a migliaia, giungeranno a milioni. A piedi, nei tir, con auto e treni, nascosti in traghetti e navi da crociera oltre che su gommoni, barchini, pescherecci e – notizia dell’ultim’ora – a cavallo di moto d’acqua. Le previsioni del Pentagono sono catastrofiche per l’immediato, le stime degli analisti dell’Onu a dir poco apocalittiche, il rapporto dell’Europol segnala che il traffico di uomini rende più del mercato di cocaina e kalašnikov. Per dire. Il generale americano Martin Dempsey scopre l’acqua calda rivelando la raggiunta consapevolezza del board militare a stelle e strisce di una «vera crisi» che durerà non un giorno, non un mese, neppure un anno ma venti. Il rapporto delle Nazioni unite, invece, stima al 2050 l’arrivo nel Vecchio Continente di 127 milioni di disperati pari al 18 per cento della popolazione europea con una previsione, per l’Italia, da 12 a 35 milioni di arrivi (che corrispondono alla cifra auspicata dal sottosegretario Gozzi «per mantenere il livello di welfare»). Numeri da capogiro. E da labirintite politica se è vero che l’Europa, mai così disunita, è ancora priva di una strategia comune in previsione del 14 settembre quando in Lussemburgo si parlerà di ridistribuzione delle quote che un Paese vuole in un modo e un altro non le vuole e basta. E noi siamo qui a piangerci addosso, a urlare odio, a dividerci tra i buonisti del bambino morto in spiaggia o del migrante marchiato tipo Auschwitz e i cattivi alla Salvini o alla Meloni che protestano per la bestia di Mineo, gli sprechi sull’accoglienza, i confini spalancati e l’ipocrisia di un governo che a giustificazione del suo dolce far niente adesso passa all’ozio creativo perché «il problema» non è più nostrum ma finalmente di tutti. Vacanze finite, inizia l’incubo. Il controesodo, cari lettori, è cominciato.
Gian Marco Chiocci (Il Tempo)
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