Milano 7 Settembre – Nottetempo il Conservatorio «Verdi» diventa cantiere. Gli strumenti musicali nelle aule vengono coperti da teli bianchi. Nell’antico monastero che un decreto napoleonico due secoli fa destinò all’istituzione musicale, di giorno i corridoi ospitano una moltitudine di studenti, per le selezioni o gli esami. Di notte, muratori, elettricisti, imbianchini lavorano senza sosta. È una corsa contro il tempo che deve concludersi tassativamente entro il 27 marzo del 2016. E che è iniziata prima dell’apertura di Expo, quando arrivarono i vigili del fuoco per un sopralluogo disposto dalla Procura di Milano. Nell’ultimo anno, la quattrocentesca struttura, rimaneggiata nei secoli, era già stata oggetto di controlli sulla presenza di amianto. E interventi mirati erano stati fatti di recente sul tetto e sui cornicioni perimetrali del chiostro, la cui fragilità era stata messa in luce da crolli parziali in tre diversi punti. Ma l’edificio – non il solo in città – era fuori norma. E da troppo tempo: dal 1993. Senza interventi urgenti, erano a rischio non solo la didattica, ma anche l’attività concertistica.
La fase più critica alla ripresa delle attività è stata superata. Nel corso dell’estate è stato il Chiostro, dove già sono esposte sculture di artisti contemporanei, a ospitare «Aperitivi in musica» e performance, che insieme ad altre decine di produzioni sono il contributo del Conservatorio a Expo. Ora le sale Verdi e Puccini sono pronte alla volata finale, che porta al maxi evento con due orchestre in contemporanea, dal 29 al 31 ottobre: concerti in copresenza online dei musicisti del Conservatorio Verdi e del Conservatorio reale di Copenaghen. Una prima mondiale. Per la messa a norma il ministero dell’Università ha messo a disposizione 310 mila euro. Non sono sufficienti e il Conservatorio ha attinto al proprio bilancio. In direzione spiegano: «Stiamo riparando una locomotiva in marcia che non si deve fermare». Il primo intervento è stato concluso nella biblioteca, al piano ammezzato, dove il rischio incendio era più evidente. Ospita mezzo milione di volumi, di cui 50 mila manoscritti e un patrimonio di spartiti e partiture che ha pochi confronti al mondo. Scaffali moderni attendono di essere riempiti, la sala lettura è interamente rinnovata e in un angolo una piccola montagna di vecchi cavi elettrici attende di essere portata in discarica. È stato quindi il turno delle sale concerti. Sono pronte 15 delle 70 aule.
In silenzio, l’ex convento si adegua ai tempi moderni. All’ingresso sono stati posizionati i tornelli. Non sono ancora attivati, ma sono almeno un incentivo perché in portineria qualcuno controlli chi entra. Certo, ciò potrà essere elemento di prova per chi sostiene che il Conservatorio si stia «chiudendo alla città». Oltre il chiostro, c’è un bar e c’è chi, né musicista, né spettatore, era un habitué di questo luogo pieno di voci e suoni in armonia. La struttura ha oggi una totale copertura wi-fi, ha ottenuto la certificazione ISO 9001, ordinando tutti i processi di qualità della didattica e dell’organizzazione previsti dalle regole internazionali. In un percorso di «autonomia» voluto dalla legge del ‘99, ma rimasto a metà. «I nostri studenti escono laureati. Possiamo determinare le rette come un’università, ma non cercare sponsor né partire con i dottorati o scegliere docenti come fa una università». Da qualche tempo qui si registra e videoregistrano i concerti, l’istituzione non fa solo didattica ma produzione. E l’ex convento della Passione è diventato stretto. Con 1.500 studenti (200 stranieri, un numero in percentuale superiore a qualsiasi altra università italiana, Bocconi inclusa), un’attività che inizia alle 8 e termina alle 23 e sole 70 aule, ora da ristrutturare a rotazione. Si cerca una sede esterna. Spazi, norme sulla sicurezza, trattative inevitabili con chi, prima la scuola media, poi il liceo, infine la scuola popolare Cpsm, dagli anni Settanta occupa la sera molte di quelle stesse aule.
Paola D’Amico (Corriere)
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