Milano 11 Settembre – L’urlo d’angoscia di Munch per raccontare, nella crudezza dell’espressività, lo sgomento, il terrore dopo l’11 settembre. Allora Al Qaeda, oggi l’Isis. Per uccidere, per annientare, nel nome della sharia, per distruggere l’occidente, per imporre la loro legge come legge universale, annullando ogni forma di dialogo, di comprensione. E le sigle non hanno senso se la violenza, la ferocia, l’irrazionalità si ripetono, se la paura è il comune denominatore di un Occidente che non sa reagire, che assiste inerme allo sfascio del mondo. Oggi Al Qaeda e Isis insieme per combattere, per uccidere non solo le nostre idee, la nostra civiltà, ma l’uomo, non importa dove abiti, dove abbia consolidato affetti e vita, non importa…
Da quell’11 settembre la paura ha la concretezza dell’abitudine, del sangue, dell’impotenza.
Il Califfato ha imparato a reclutare i militanti nelle Università scientifiche e tecniche, attraverso i social, con un linguaggio sofisticato ricco di illusioni e di promesse, con un messaggio che rende il Male un Bene, se serve a distruggere gli altri Mali, quelli degli infedeli. E l’inumanità trionfa, si autogiustifica, si autodetermina in una specie di dannazione collettiva.
L’urlo dell’Occidente non serve se diventa solo denuncia, se è il grido d’angoscia di un popolo, se il Terrore non viene fermato. Racconta Munch per spiegare le motivazioni della sua opera: “Una sera camminavo / lungo un viottolo in collina / nei pressi di Kristiania / con due compagni. Era / il periodo in cui la vita / aveva ridotto a brandelli / la mia anima. / Il sole calava, si era / immerso fiammeggiando / sotto l’orizzonte. / Sembrava / una spada infuocata / di sangue che tagliasse / la volta celeste. / Il cielo era di / sangue sezionato / in strisce di fuoco, / le pareti rocciose infondevano / un blu profondo / al fiordo scolorandolo / in azzurro freddo, giallo e / rosso. / Esplodeva / il rosso sanguinante lungo / il sentiero e il corrimano, / mentre i miei amici assumevano / un pallore luminescente. / Ho avvertito / un grande urlo, / ho udito, / realmente, un grande / urlo, i colori della / natura mandavano in pezzi / le sue linee, / le linee e i colori / risuonavano vibrando, / queste oscillazioni della vita / non solo costringevano / i miei occhi a oscillare, / ma imprimevano altrettante / oscillazioni alle orecchie, / perché io realmente ho udito / quell’urlo – e poi ho dipinto / il quadro L’urlo”.
Un urlo cosmico, che trascende le motivazioni occasionali dell’autore, che ha la dimensione dell’assoluto, della nostra angoscia generalizzata, dello sdegno di ciascuno. Del dolore per il sangue e la morte inutili, della paura per un futuro apocalittico, dell’assurda e colpevole inerzia di una civiltà che muore.
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano