Milano 12 Settembre – Quando la «Buona scuola» era in Parlamento, la polemica si è infiammata intorno all’ipotesi (poi annacquata) dei cosiddetti “super-poteri” ai presidi. Ma come spesso accade dalle nostre parti, le parole d’ordine del dibattito e la realtà hanno imboccato binari divergenti, e mentre si discuteva di competenze aggiuntive non ci si è preoccupati più di tanto di garantire che i dirigenti scolastici potessero svolgere in modo ordinato le loro competenze ordinarie. Anche nell’anno della grande riforma, insomma, nel panorama della scuola c’è un dato che non cambia: un istituto su sei non potrà contare su un dirigente a tempo pieno, ma solo su un reggente in condivisione con un’altra scuola.
I numeri sono calcolati dall’Associazione nazionale dei presidi, e il censimento mostra che questo risultato, perfettamente in continuità con il panorama pre-riforma, è frutto anche di qualche colpo di fortuna, che ha permesso di sbloccare contenziosi infiniti sui concorsi avviati in passato, in particolare in Lombardia e Campania aumentando di 237 unità il numero dei nuovi presidi in campo da quest’anno. Anche così, però, le reggenze continuano a interessare 1.052 scuole.
Il futuro prossimo, però, non potrà che peggiorare il quadro, e questa più che una previsione dettata dal pessimismo è una certezza imposta dal calendario. Nonostante se ne parli da mesi, non è ancora partita la macchina per il nuovo concorso, con la conseguenza che difficilmente il regolamento prima e il bando poi potranno vedere la luce prima dell’inverno: in queste condizioni, nemmeno con un’accelerazione drastica rispetto al passato sarà possibile portare a scuola i nuovi presidi il 1° settembre prossimo, senza contare che quelle dedicate ai dirigenti scolastici sono tra le procedure a più alto tasso di contenzioso all’interno del litigiosissimo mondo dei concorsi pubblici. Risultato: con i 6-700 pensionamenti che si registrano ogni 12 mesi, all’inizio del prossimo anno scolastico sarà vacante il 20 per cento delle sedi, e gli effetti delle nuove regole sul reclutamento portanno arrivare solo a scoppio ritardato.
Eppure le norme per garantire a ogni scuola un preside c’erano anche prima della riforma. «Le regole – spiega Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione nazionale presidi – prevederebbero l’indizione di un concorso ogni anno, sulla base del numero di cessazioni previsto per l’anno successivo che non è certo impossibile da conoscere. Questa norma, però, non è stata mai applicata».
Per chiudere il capitolo delle reggenze, però, serve anche un’altra mossa, che riguarda da vicino le regioni: occorre rivedere la geografia scolastica per superare definitivamente il problema degli istituti “sottodimensionati”, che hanno cioè un numero di iscritti troppo basso per avere diritto al preside dedicato: un’altra impresa non proprio impossibile, a patto di volerla tentare davvero.
Gianni Trovati (Il Sole 24 Ore)
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