Milano 14 Settembre . «Quello che io e mio fratello avevamo detto su mio padre erano invenzioni dettate da mia madre che lo voleva allontanare»: è una ritrattazione a distanza di anni quella di due ragazzi di 21 e 24 anni, Michele e Gabriele, figli di un 46enne sardo, condannato in via definitiva a nove anni e due mesi di carcere per abusi sessuali proprio sui due figli. Si tratta di una vicenda consumatasi tra la Sardegna, terra d’origine della famiglia, e Brescia, dove padre, madre e i due figli si erano trasferiti, dove hanno abitato per anni e dove sono state depositate le prime denunce nei confronti del genitore.
Fatti avvenuti «nell’ambito di una separazione coniugale e in particolare segnati da un’accesa conflittualità tra genitori e un’aspra battaglia per l’affidamento dei figli», scrivono i giudici del tribunale di Oristano che hanno condannato il padre 46enne, oggi rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Sassari. Michele e Gabriele all’epoca dei fatti avevano 9 e 12 anni. «Le indagini mediche non potevano dare certezza sull’abuso», hanno scritto tre periti nominati nel tempo dai tribunali di Brescia e Oristano.
«Per togliere di mezzo papà, mia madre ha cominciato a imbottirci di menzogne, cose che non erano reali, cose che mio padre non ha mai fatto e non farebbe mai» è uno dei passaggi delle 42 pagine di memoriale. In quell’anno era in corso il processo in appello del genitore, ma nessun educatore portò all’attenzione il diario di Gabriele, che ora è stato invece allegato alla richiesta di revisione del processo presentata alla Corte d’appello di Roma dal legale del padre condannato, l’avvocato Massimiliano Battagliola.
«La clamorosa ritrattazione a distanza di anni equivale a una nuova prova e anche il memoriale che abbiamo ritrovato è un elemento assolutamente nuovo», spiega l’avvocato bresciano, che mercoledì incontrerà nel carcere di Sassari l’uomo condannato per abusi sui figli e che ora spera di poter riscrivere la sua storia giudiziaria. (Corriere)
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