L’intervento all’ospedale Niguarda con l’organo di una persona in arresto cardiaco.«Una possibilità concreta per aumentare il numero delle donazioni»
Milano 15 Settembre – Trapianto di fegato da donatore a cuore fermo: l’intervento, una novità in Italia, è stato eseguito all’ospedale Niguarda di Milano su un uomo 40enne, con un organo prelevato da una persona in arresto cardiaco. Tecnica finora non utilizzata nel nostro Paese a causa dei 20 minuti (5 nel resto d’Europa) che la legge prevede debbano passare da quando il cuore smette di battere alla dichiarazione del decesso (il cosiddetto “no touch period”). «Si tratta di un periodo di tempo lungo, nel quale il fegato rischia di compromettersi e di non essere più utilizzabile – spiega Luciano De Carlis, direttore dell’équipe di Chirurgia generale e dei trapianti di Niguarda -. Per questo finora venivano trapiantati solo gli organi di pazienti deceduti per morte cerebrale, con cuore ancora battente». Per l’intervento, eseguito il 3 settembre sotto l’egida del Centro nazionale trapianti, è stato utilizzato un metodo impiegato normalmente nella rianimazione dei pazienti: la circolazione extracorporea Ecmo (ExtraCorporeal Membrane Oxygenation), la cosiddetta “macchina cuore-polmoni”.
Il ricevente sta bene
Grazie all’Ecmo è stata mantenuta la temperatura corporea del donatore ed è stata garantita l’ossigenazione degli organi, ritardando il danno da ischemia (ovvero la mancanza di ossigenazione). «Questa parte è durata 4 ore, durante le quali abbiamo verificato che non ci fossero problemi ed eseguito una serie di analisi, come la biopsia del fegato», continua De Carlis. La perfusione e il prelievo degli organi sono avvenuti all’ospedale San Matteo di Pavia grazie all’intervento di Marinella Zanierato, del team di rianimazione diretto da Antonio Braschi, il trapianto è stato poi portato a termine a Niguarda. Dallo stesso donatore sono stati prelevati e trapiantati con successo i due reni a Pavia e al San Raffaele di Milano. Il trapianto di rene da donatore a cuore fermo è già stato sperimentato in passato, mentre «è la prima volta che preleviamo un fegato a cuore non battente. Sicuramente ci è servita l’esperienza maturata in 7 anni nel prelievo di reni con la stessa tecnica», precisa Zanierato. L’operazione è durata 4-5 ore, come un normale trapianto di fegato. Il ricevente, affetto da malattia epatica terminale, sta bene. «Lo avevamo messo al corrente del tipo di intervento particolare e il suo decorso è stato eccellente fin da subito – assicura De Carlis -. Abbiamo seguito la procedura standard, come in ogni trapianto: dopo alcuni giorni di terapia intensiva il paziente è stato trasferito nel mio reparto e sarà dimesso nei prossimi giorni».
Più 10% di organi utilizzabili
L’intervento non è solo importante in sé e per sé ma anche perché «potrebbe aprire una strada importante per i trapianti di fegato, aumentando del 10% il numero di organi utilizzabili», spiega De Carlis. La percentuale di incremento stimata si riferisce al periodo iniziale, ma «in futuro potrebbe salire. Negli Stati Uniti, dove bastano 5 minuti per dichiarare il decesso dopo che il cuore ha smesso di battere, si parla di un +20-25% di organi disponibili». In Italia, affinché una persona sia dichiarata morta dopo un arresto cardiaco servono appunto 20 minuti, durante i quali organi come il fegato rischiano di essere compromessi. «Da noi il numero dei donatori di fegato è in linea con il resto d’Europa – continua De Carlis -, il problema è piuttosto che i pazienti che hanno bisogno di trapianto sono quasi il doppio rispetto agli organi disponibili». Il tempo di attesa medio per avere un nuovo fegato è di circa un anno, ma chi è in pericolo di vita ha la precedenza e il trapianto avviene entro 24 ore. (Corriere)
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