Palazzo Reale: I capolavori del Museo di Belle Arti di Budapest raccontano la storia dell’arte dal Cinquecento al Novecento

Cultura e spettacolo

Milano 17 Settembre – Apre oggi la mostra “Da Raffaello a Schiele. Capolavori dal Museo di Belle Arti di Budapest” che racconta, attraverso 76 opere provenienti dal Museo di Belle Arti di Budapest, la storia dell’arte europea dal Cinquecento al Novecento.
La mostra, aperta fino al 7 febbraio 2016, offre ai visitatori un’occasione unica per ammirare una selezione di opere del più importante museo della capitale ungherese: Raffaello, Tintoretto, Durer, Velasquez, Rubens, Goya, Murillo, Canaletto, Manet, Cezanne, Gauguin e altri grandi artisti sono presenti con opere straordinarie come la Salomé di Lukas Cranach il vecchio, Giaele e Sisara di Artemisia Gentileschi, le Sirene di Rodin e i Tre pescherecci di Monet, la Maddalena Penitente di El Greco, il Paesaggio di Lorrain, la Coppia di sposi di van Dyck e il San Giacomo di Tiepolo.

Il Museo di Belle Arti di Budapest, che aprì al pubblico nel 1906, conserva una tra le più importanti collezioni di dipinti del mondo delle principali scuole europee con opere che vanno dal Medioevo al Novecento.

Peter Paul Rubens
Peter Paul Rubens

Nel 1848 Lajos Kossuth (1802, Monok, Ungheria – 1894, Torino) eroe e padre della patria ungherese si prodigò per l’ampliamento della collezione per creare un tesoro nazionale che legittimasse l’Ungheria a porsi sullo stesso piano delle grandi nazioni europee.
L’innesto più importante avviene nel 1870, quando i principi Esterházy vendono al governo oltre 600 dipinti. Bombardato e saccheggiato durante la seconda guerra mondiale, nel dopoguerra ha recuperato le opere trafugate ampliando le collezioni con opere di Poussin, El Greco, Monet, Corot e altri ancora.

La prima sala (Rinascimento italiano) è dedicata alla luminosa bellezza della Madonna Esterhazy di Raffaello (ca. 1508), gioiello di armonia e purezza. Entusiasmante ed eloquente è il confronto con le incalzanti passioni di Leonardo da Vinci, espresse nei disegni Studio di testa per la battaglia di Anghiari (1503-1504) e in un memorabile bronzetto con un cavallo impennato; accanto, di assoluta suggestione, è il dipinto mitologico di Lorenzo Lotto, Apollo dormiente e le Muse (ca. 1549).
La seconda sala dedicata alla pittura della Serenissima, celebra l’apogeo della scuola veneta nel corso del XVI Secolo. La Cena in Emmaus di Tintoretto (ca. 1542) – opera spettacolare e grandiosa per la coraggiosa e innovativa composizione, la luce e la stesura del colore – troneggia accanto ai tre ritratti virili dipinti da Tiziano, Veronese (Ritratto di uomo, ca. 1555) e Moroni (Ritratto di un ufficiale di Venezia, ca. 1570-78), per un confronto ravvicinato tra grandi dell’arte come il genio solitario di El Greco, presente con due tele di fosforescente luminosità quali Maddalena Penitente (1576-1577) e San Giacomo Minore (ca.1595-1600).
Nella terza sala (Rinascimento in Europa) sono messi a confronto dipinti di diverse scuole: fiamminga, italiana e tedesca a cavallo della Riforma luterana. La bellissima Salomé di Lukas Cranach il vecchio (1530) – con il suo inconfondibile fascino sensuale e insidioso – risplende accanto al Ritratto di giovane di Albrecht Dürer (ca. 1500 – 1510), opere che segnano il cuore dell’arte europea del primo Cinquecento.
Una serie di dipinti di soggetto sacro di Altdorfer (Crocifissione, ca.1518), van Heemskerck (Compianto sul Cristo morto, ca. 1540-45), e Bronzino (Adorazione dei pastori, 1539-1540) illustrano l’evoluzione del significato dell’arte sacra nell’Europa tra Riforma e Controriforma.
Con la quarta sala (primo Seicento) si entra nella parte dedicata all’arte barocca: la scena ruota intorno alla realistica e umanissima Scena di osteria di un Velazquez (1618 circa) ancora sotto l’influsso di Caravaggio.
Importante il confronto ravvicinato con Rubens di cui sono esposte due opere: una grande tela ispirata alla storia romana (Muzio Scevola davanti a Lars Porsena, ca. 1618-20) e un’espressiva testa di uomo barbuto..
Sempre in questa sala il drammatico Giaele e Sisara di Artemisia Gentileschi (1620) – dove Sisara è rappresentato con il volto di Agostino Tassi – e l’affascinante Fanciulla addormentata (ca. 1610-20), il cui autore resta un mistero.
La quinta sala (Età barocca) propone altre scuole del Seicento europeo. La luminosità mediterranea di uno stupendo Villa nella campagna romana di Claude Lorrain (ca.1646) è un saggio del classicismo francese, confrontato con la nordica franchezza dei ritratti di Frans Hals e di Anthony van Dyck come Ritratto di uomo (1634) e Coppia di sposi (ca. 1620); la dolce Sacra Famiglia dello spagnolo Murillo propone un saggio importante di pittura devota e di affetti domestici; il tratto dell’inarrivabile Rembrandt nel disegno Saskia van Uylenburgh seduta accanto a una finestra (tra il 1635 e il 1638) porta una nota di struggente intensità.
La sesta sala (Settecento) è dominata da un dipinto spettacolare: il San Giacomo Maggiore vittorioso di Giambattista Tiepolo (1749-50). La scuola veneziana, dominatrice della scena artistica del Settecento europeo, è rappresentata dalle vedute di Canaletto e Bellotto (La chiusa di Dolo, 1763 e Piazza della Signoria a Firenze, 1740), e dalla sensuale Betsabea al bagno di Sebastiano Ricci (1724).
Sempre in questa sala sono messe a confronto tre opere di Goya: un brillante ritratto femminile (Ritratto di Manuela Ceán Bermúdez, ca. 1790-93) e due piccole ma intense tele dedicate al lavoro quali la Portatrice d’acqua (ca. 1808-12) e L’arrotino tra 1808 e il 1812.
Al centro la presenza inconsueta dello Sbadiglio di Franz Xaver Messerschmidt (1771-1783) racconta l’arte uno dei più bizzarri scultori di tutti i tempi.
Il Simbolismo internazionale è il tema conduttore della settima sala dove sono esposti protagonisti ungheresi, come Joszef Rippl-Ronai con il bellissimo ritratto di Donna con gabbia di uccelli (1892), o Janos Vaszary, la cui Età dell’Oro del 1898 evoca le atmosfere sognanti della Secessione, condivise anche dal viennese Maximilian Lenz (Un Mondo, 1899). Appassionante il confronto tra le opere di tema classico di Armold Böcklin (Centauro, 1888), Franz von Stuck (Il bacio della Sfinge, 1895) e Auguste Rodin (Sirene, bronzo, 1888) accanto al riferimento al simbolismo italiano, con Segantini e il bozzetto per l’Angelo della vita (1894-95).
L’ultima sala (dall’Impressionismo alle Avanguardie) raccoglie una serie di opere di pittura e di grafica tra il secondo Ottocento e il primo Novecento. Spiccano due tele di grande importanza storica: la Donna con il ventaglio di Edoaurd Manet (1862, in cui è ritratta Camille, la moglie di Monet) e la meravigliosa Credenza (1877), esemplare natura morta di Paul Cézanne. Il Picnic in maggio di Pal Szinyei Merse (1873) affianca le opere di Monet (Tre pescherecci, 1886), Van Gogh (Giardino in inverno a Nuenen, 1884) e Gauguin (Maiali neri, 1891).
Uno straordinario acquarello di Egon Schiele Due donne che si abbracciano del 1915, carico di nervosa interiorità, conclude il percorso dell’esposizione.

Info e prenotazioni: T: 02 54911
lunedì 14,30 – 19,30; martedì – mercoledì – venerdì – domenica 9,30 – 19,30; giovedì – sabato 9,30 – 22,30

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