Ma l’abolizione delle imposte sulla prima casa non è stata contabilizzata nel Def

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Milano 21 Settembre – La pressione fiscale scenderà di un risicato 0,5% dal 43,1% del 2014 e 2015 al 42,6% nel 2016 ma solo grazie al bonus da 80 euro e alla disattivazione delle clausole di salvaguardia, evitando l’aumento di Iva e accise. Ora il governo ha trovato il modo per reperire quei 17 miliardi utili a non far scattare l’incremento automatico di Iva e accise. È quanto si legge nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza. Ma la lieve discesa della pressione fiscale, anche se rappresenta una novità dopo un’escalation incontrollata, non è quindi da attribuirsi a un piano serio e importante di riduzione delle tasse che comunque restano elevate. Ma non è tutto. Il dato del Def sul calo dell’onere fiscale, non tiene ancora conto della promessa abolizione della tassa sulla prima casa. Nella relazione alla Nota però il governo rilancia comunque il piano di eliminare le imposte sulla prima casa, sui terreni agricoli e sui macchinari imbullonati. Insomma si fanno le promesse ma non si mettono i soldi.

Un’altra sforbiciata alle tasse riguarda le imprese che però dovranno attendere il 2017. Si tratta del taglio dell’Ires, l’imposizione degli utili d’impresa, in linea con l’Unione europea. La misura comunque sarà annunciata nella legge di Stabilità 2016.

Il governo poi promette interventi di «stimolo all’occupazione, agli investimenti privati, all’innovazione, all’efficienza energetica e alla rivitalizzazione del Sud».

Tra le voci di entrata, troviamo 12 miliardi da lotta all’evasione. Si tratta di un aumento di 150 milioni sugli 11,717 miliardi del 2014 ma anche di una crescita di 2,3 miliardi rispetto alle ultime previsioni contenute nell’assestamento di bilancio.

Altro tema sensibile è quello delle privatizzazioni. Il governo dice di voler andare avanti ma a una condizione: che ci siano le condizioni «di mercato favorevoli». Il governo punta ad incassare lo 0,4% del Pil quest’anno (oltre 6 miliardi) e lo 0,5% l’anno prossimo (8 miliardi). Nel programma ci sono Poste, Enav, StM e poi Fs. Le misure di stimolo all’economia saranno finanziate con maggior deficit che salirà dall’1,8% programmatico al 2,2%. Nelle tabelle non risulta ancora, ma nella Nota si legge nero su bianco l’intenzione del governo di chiedere all’Unione europea di salire ulteriormente al 2,4% per far fronte all’emergenza migranti. È inoltre spostato in avanti di un altro anno, al 2018, il target di pareggio strutturale.

Leggero il calo della disoccupazione (anche il governo parla di risultato «modesto») che scenderà quest’anno dal 12,7% del 2014 al 12,2%, per andrà sotto la soglia del 12% nel 2016, all’11,9%.

La copertura delle misure di rilancio dell’economia, alleviamento della povertà, sostegno alle famiglie e agli investimenti privati, verrà dalla riduzione della spesa pubblica. La relazione non fornisce i dettagli della spending review e si mantiene su una enunciazione generica rinviando alla legge di Stabilità.

Laura Della Pasqua (Il Tempo)

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