Milano 22 Settembre – In democrazia l’elettore ha sempre ragione. Specialmente quando ha torto. Il problema, quindi, non è se bene abbiano fatto gli Ellenici a rieleggere il giullare di Atene. Il problema è capire in quale universo, onirico ed immaginario, essi vivano. Non si tratta di insulti gratuiti. Nulla è gratis quando si parla del disastro Ellenico, è invece vitale capire in quale abisso allucinatorio si trovino gli elettori Greci, per il bene dell’intera Eurozona. Einstein definiva la follia come il compiere sempre la stessa azione, aspettandosi ogni volta risultati diversi. Se i Greci hanno votato Tsipras credendo che farà saltare l’Austerità, beh, allora ci troviamo all’interno di questa dinamica. Va ricordato che, mandato a trattare a Bruxelles con in mano un mandato fortissimo sancito da un Referendum, Alexis ha portato a casa un accordo PEGGIORE di quello originario. Per qualcuno, come portata, il peggiore nella storia dei salvataggi Greci. Anche la permanenza in Europa, mai messa seriamente in discussione prima della sua geniale conduzione dei negoziati, non può essere certo considerata una vittoria. Eppure, nonostante la direzione, nella pratica, sia quella indicata, con molta più autorevolezza dai Conservatori di Nea Demokratia, Tsipras continua ad essere considerato il rivoluzionario anti Austerity. Come mai?
Prima di tutto, oltre al passato, va considerato il futuro ed il futuro si chiama taglio del debito. Il Fondo Monetario Internazionale continua, colpevolmente, ad evocare questo scenario, in cui o si delaziona il credito nei secoli (letteralmente) o vi si rinuncia proprio. Il concetto è “pochi, maledetti e subito”. L’Europa è di avviso e parere contrario. Il motivo della divisione ha a che fare con la stabilità. Berlino vuole un’Eurozona rispettabile e stabile. Per la Merkel un crollo dell’Eurozona o un crollo globale, in caso di crisi irreversibile di Atene, sono due scenari che coincidono. Per la La Garde, un crollo dell’Eurozona sarebbe, in prospettiva, meno traumatico di un crollo globale, cosa che succederebbe in caso di un’espulsione traumatica di Atene dall’Europa. In tutto questo c’è l’ombra Usa, che delle crisi economiche Europee se ne frega, ed a cui interessa unicamente stabilità nell’ultimo avamposto sicuro sul teatro mediorientale, al di fuori di Israele. I Greci, un sesto e passa i loro almeno, paiono convinti che Tsipras riuscirà a piegare la bilancia in favore del FMI e a far perdere la Merkel.
Il che, mi sia consentito, è manicomiale. La fiducia nel debitore è fondamentale quando si taglia un debito. Per due ordini di ragioni: si vuol essere sicuri che quanto rimasto venga onorato. E si vuol essere ancor più certi di non passare per deboli, rischiando conseguenze a catene. Di Tsipras non si fida più nessuno. Greci a parte. I quali sembrano incapaci di rassegnarsi all’idea che la ricreazione (coi soldi Tedeschi) sia finita. E così si chiudono le urne ed il paese è nella stessa posizione di Venerdì. Testardamente convinto ad andare avanti così. Mentre, ridendo insensatamente, gli elettori di Syriza si raccontano l’un l’altro che il burrone davanti a loro non esiste.

Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,