Il Papa della speranza incontra Obama: “Vengo come figlio di migranti”

Esteri

Milano 24 Settembre – Davanti al presidente della maggiore potenza mondiale, nel Paese che vede premere alla sua frontiera tanti migranti ispanici, il primo Papa latinoamericano si presenta come uno di loro. «Quale figlio di una famiglia di emigranti, sono lieto di essere ospite in questa nazione, che in gran parte fu edificata da famiglie simili». La prima tappa del viaggio negli Usa per Francesco è una visita alla Casa Bianca.

Obama, che ieri è andato a riceverlo alla basa aerea di St. Andrew con tutta la famiglia, lo accoglie dicendo: «Grazie per il grande dono della speranza». Un grazie «non solo per il ruolo, ma per le qualità uniche come persona. Nella umiltà, semplicità, nella dolcezza delle parole e la generosità dello spirito vediamo in lei un esempio vivente degli insegnamenti di Gesù. Lei ci ricorda come il più potente messaggio di Dio è la misericordia. E questo significa accogliere lo straniero con empatia e col cuore realmente aperto, che si tratti di rifugiati che fuggono da terre lacerate dalla guerra o immigrati che lasciano la loro casa in cerca di una vita migliore». «Santità – prosegue – voi ci ricordate che abbiamo un obbligo sacro di proteggere il pianeta, dono magnifico di Dio».

Il Presidente comunica che «noi appoggiamo il vostro appello rivolto a tutti i leader mondiali per sostenere le comunità più vulnerabili al cambiamento climatico e per unirci per preservare il nostro prezioso mondo alle generazioni future». Continua Obama: «Voi ci ricordate dei costi della guerra, in particolare sui deboli e ci spingete verso l’imperativo della pace. Ci ricordate che la gente è libera solo quando può praticare liberamente la propria fede. Qui in America lo facciamo – assicura – ma nel resto del mondo, i figli di Dio, compresi i cristiani, sono nel mirino e anche uccisi a causa della loro fede. Ai credenti è impedito riunirsi nei luoghi di preghiera, i fedeli vengono imprigionati, le chiese distrutte». Però «noi qui siamo con voi nel difendere la libertà religiosa e il dialogo interreligioso, riconoscendo che le persone ovunque esse siano devono essere liberi di vivere la propria religione da paure e intimidazioni».

Papa Bergoglio, nel suo discorso, dice di essere venuto ad «ascoltare e condividere molti dei sogni e delle speranze del popolo americano» e ricorda che parlerà al Congresso, dove spera «quale fratello di questo Paese, di dire una parola di incoraggiamento a quanti sono chiamati a guidare il futuro politico della nazione nella fedeltà ai suoi principi fondativi». Cita l’incontro delle famiglie a Filadelfia, «il cui scopo è quello di celebrare e sostenere le istituzioni del matrimonio e della famiglia, in un momento critico della storia della nostra civiltà».

Francesco ricorda che i cattolici americani, insieme agli altri cittadini, «sono impegnati a costruire una società che sia veramente tollerante ed inclusiva, a difendere i diritti degli individui e delle comunità, e a respingere qualsiasi forma di ingiusta discriminazione». Essi «si attendono che gli sforzi per costruire una società giusta e sapientemente ordinata rispettino le loro preoccupazioni più profonde e i loro diritti inerenti alla libertà religiosa», una delle «conquiste più preziose dell’America». «Tutti sono chiamati – puntualizza Bergoglio citando i vescovi statunitensi – alla vigilanza, proprio in quanto buoni cittadini, per preservare e difendere tale libertà da qualsiasi cosa che la possa mettere in pericolo o compromettere». Un rifermento al problema dell’«Obamacare». La riforma sanitaria obbliga infatti anche le strutture cattoliche a garantire un’assicurazione alle proprie dipendenti che intendano abortire.

Il Papa definisce poi «promettente» l’iniziativa di Obama «per la riduzione dell’inquinamento dell’aria. Considerata l’urgenza, mi sembra chiaro anche che il cambiamento climatico è un problema che non può più essere lasciato ad una generazione futura. La storia ci ha posto in un momento cruciale per la cura della nostra “casa comune”». I cambiamenti da affrontare «esigono da parte nostra un riconoscimento serio e responsabile del tipo di mondo che possiamo lasciare non solo ai nostri figli, ma anche ai milioni di persone sottoposte ad un sistema che le ha trascurate».

La nostra «casa comune – aggiunge – è stata parte di questo gruppo di esclusi che grida al cielo e che oggi bussa con forza alle nostre case, città, società. Riprendendo le sagge parole del Reverendo Martin Luther King, possiamo dire che siamo stati inadempienti in alcuni impegni, e ora è giunto il momento di onorarli».

Non manca un accenno al disgelo con Cuba: «Gli sforzi compiuti di recente per riconciliare relazioni che erano state spezzate e per l’apertura di nuove vie di cooperazione all’interno della famiglia umana rappresentano positivi passi avanti sulla via della riconciliazione, della giustizia e della libertà». Francesco auspica che «tutti gli uomini e le donne di buona volontà di questa grande e prospera Nazione sostengano gli sforzi della comunità internazionale per proteggere i più deboli nel nostro mondo e di promuovere modelli integrali ed inclusivi di sviluppo». Dopo la cerimonia sul prato della Casa Bianca, Francesco è entrato per l’ìncontro privato con Obama. Il Papa ha donato a Barack un bassorilievo con l’immagine dell’incontro delle famiglie.

Andrea Tornielli (La Stampa)

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