Milano 24 Settembre – E’ uno delle migliaia di siriani morti sotto tortura nelle carceri del regime di Damasco negli ultimi quattro anni e mezzo: Akram Raslan, 41 anni,era un vignettista arrestato tre anni fa per i disegni non apprezzati dalle autorità al potere in Siria da circa mezzo secolo. Solo adesso i suoi familiari hanno potuto confermare il decesso del loro caro, avvenuto in una cella della Sicurezza generale, una delle agenzie di controllo del Paese. Raslan era finito dietro le sbarre nell’ottobre del 2012.
Originario della Siria centrale, si era laureato in Letteratura a Damasco. Lavorava per diversi giornali arabi, ma anche per Fidaa, giornale governativo. Dall’arresto nel 2012 si erano perse le sue tracce. Vignettisti siriani e di tutto il mondo ne hanno chiesto la liberazione. Nel 2013, la Rete internazionale per i diritti dei vignettisti gli ha riconosciuto il Premio per il vignettista più coraggioso dell’anno.Le notizie della sua morte erano già trapelate due anni fa, quando un compagno di cella, appena uscito dal carcere, aveva raccontato che Raslan era stato ucciso sotto tortura. Secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani, dal marzo 2011 al marzo 2014 le autorità siriane hanno ucciso nelle carceri circa 13mila persone. Solo nei giorni scorsi la famiglia ha ricevuto un laconico certificato di morte per “infarto” da parte del medico legale dell’ospedale militare di Damasco. E’ questa la prassi – affermano avvocati per i diritti umani in Siria – usata ogni qualvolta il regime informa della morte sotto tortura in carcere di un prigioniero politico.
“Quanto mostruoso deve essere un potere per colpire una mano che stringe una matita?”, aveva commentato l’italiano Sergio Staino quando nell’agosto del 2011 Ali Ferzat, il celebre caricaturista siriano, era stato pestato brutalmente da uomini mascherati che gli avevano spezzato le dita delle mani. Raslan aveva più volte sfidato il potere siriano. Aveva rappresentato la censura disegnando pittori bugiardi, che dipingono un quadro della situazione ben diverso dalla tragica realtà sul terreno. In un’altra sua celebre vignetta, un carro armato passa incurante della distruzione che lascia intorno a sé, diffondendo belle parole, come “riforme” e “dialogo”, tanto care alla propaganda presidenziale. (Ansa)
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