Milano 4 Ottobre – «Bollate, ancora una gravidanza in carcere frutto di un rapporto sessuale tra le sbarre del penitenziario unanimemente classificato “a trattamento rieducativo avanzato”. Protagonista una detenuta serba di 30 anni, con un lungo fine (2040) per diversi reati tra i quali riduzione in stato di schiavitù e lesioni». È quanto si legge in una nota diramata dal Sappe. «Il carcere milanese di Bollate è evidentemente fin troppo avanzato circa il trattamento e la rieducazione dei detenuti, se si pensa che in cinque anni si sono contate ben 3 gravidanze conseguenza di rapporti sessuali tra le sbarre, due detenute e una educatrice», commenta Donato Capece, segretario generale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe. «Ci si è accorti di quest’ultima gravidanza perché la detenuta è stata portata in ospedale per un malore e qui ci si è accorti che era in attesa di un bimbo. Ovviamente grande è stata la sorpresa, anche se i due precedenti avrebbe dovuto indurre l’Amministrazione penitenziaria a riflettere seriamente su questi episodi, atteso che adesso la detenuta farà in modo di differire la pena non più in carcere per portare a termine la gravidanza».
«Rapporti sessuali furtivi»
«Quando segnalammo il primo caso della detenuta rimasta incinta durante la detenzione, nel 2010, ci fu chi ebbe l’ardire di accusare noi del Sappe per avere resa nota la notizia, evidentemente scabrosa per chi preferisce tenere nascoste scomode verità. Ma diteci voi se è normale che una detenuta o un detenuto (ma anche un’educatrice carceraria…) possa diventare genitore a seguito di un rapporto sessuale consumato furtivamente tra le sbarre, favorito dal regime penitenziario “aperto” che limita al massimo i controlli di polizia anche durante i colloqui nell’area? E se anziché una gravidanza si fosse posto in essere un reato durante quei contatti avvenuti secondo un servizio di vigilanza dinamica che riduce drasticamente i controlli da parte della polizia penitenziaria?». Capece sollecita il ministro della Giustizia Andrea Orlando ed il capo dell’Amministrazione penitenziaria Santi Consolo «a disporre una immediata inchiesta ministeriale che chiarisca come ciò sia potuto accadere nel carcere di Bollate, non disgiungendo gli accertamenti ispettivi da una analisi complessiva sulla gestione del carcere milanese e sulla operatività e funzionalità degli uffici della contabilità e dei conti correnti di Bollate». (Corriere)
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