La Privacy ai tempi di Facebook

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Milano 7 Ottobre – Oggi l’Unione Europea denuncia che Facebook non protegge la privacy dei suoi clienti. Ieri Snowden avvertiva che L’Nsa, l’agenzia federale Usa che vigila sulla sicurezza informatica, spiava tutto e tutti. Domani scopriremo che la Bocassini intercettava illegalmente il Presidente del Consiglio, magari. Forse. No, ok, lo faceva di certo, in ogni caso c’è qualcosa che non torna. Se la privacy non la rispetta nessuno come mai l’UE vuole multare Facebook? Voglio dire, come mai tanta pressione sui privati? Non è una cosa recente, in effetti, sono anni che le istituzioni Europee impongono limiti alla raccolta dati ed al loro utilizzo. Quello che c’è dietro è un ragionamento al limite della fantascienza che in pochi conoscono a fondo. Ed inizia con una formula vagamente inquietante “la predittività dei big data”.

Ogni anno produciamo, da ormai un biennio almeno, più dati di tutti quelli prodotti dall’umanità fino al 2013. Il maggiore impulso a questa produzione è stato dato dal mondo social. Qualcuno si è iniziato a domanda se, con algoritmi più potenti, ma del medesimo tipo di quelli usati da Google per la pubblicità, avremmo potuto cominciare a prevedere le azioni umane. Da qui il termine “predittivo”. Il termine big data si ricava dalla massa di dati prodotta ed al contempo necessaria per questa missione. Volete un esempio pratico? Nel 2013, quando mi fu fatto in Italia non era ancora funzionante, ma altrove già girava a pieno ritmo. Quando prenotate un biglietto aereo c’è un sistema che analizza una serie di fattori: destinazione, partenza, orari, durata e cose del genere. Poi lo confronta con un database che raccoglie le abitudini di trafficanti noti alle forze dell’ordine. Al di sopra di una certa soglia di compatibilità, verrete prelevati ed accompagnati in una stanza appartata per fare due chiacchiere con la polizia. Bello vero? Non ho idea dell’accuratezza di questo sistema. Ma i problemi dell’intero sistema ci sono già tutti.

In primis, essendoci ancora lo spaccio, è da presumere che non funzioni così bene. In realtà il problema, vi risponderanno i burocrati, è che ci mancano dati. Ne dovremmo avere molti di più. Per esempio tutti quelli dei social. Allora sì che fermeremmo il crimine. Sì, un attimo. Nelle accuse a Facebook e Google si sostiene, tra l’altro, che saprebbero troppo su di noi. Eppure nessuna delle due multinazionali ha una polizia per venirci a sfondare la porta di casa di notte, né delle celle in cui farci meditare sulla libertà che abbiamo perso o degli eserciti con cui esportare la democrazia in casa nostra. E già loro sono pericolosi con quei dati. Provate a pensare cosa succederebbe se li avessero degli stati. Prima che insorgiate, no, l’Nsa non ha quei dati. Ha delle altre cose, chiamati metadati, che monitorano i flussi. E quello è tutt’altro. L’Europa vuole tutto, lo vuole subito ed è disposta a tutto per averlo. Quindi tutto finalmente torna. A nessuno frega nulla della votra Privacy, vogliono solo poter sapere cosa farete. Forse.

Perchè nessuno ha mai dimostrato questo potere predittivo. Quello che invece è arcinoto è il potere che immensi archivi hanno sui cittadini spiati. È il sogno di ogni dittatore. Sapere tutto di tutti i sudditi. I quali, peraltro, danno queste informazioni gratis e volentieri. No, signori, è meglio che i fatti nostri li sappia Zuckemberg che Junker.

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